Skip to main content

Sistema fiere 2021: un ricco, piccante fuori menù

“Out of home” è il nome che ha recentemente scalzato la parola ricezione, superando, tra le altre, una parola tanto cara al settore professionale alimentare, Horeca.  Nonostante il comparto sia stato fermo a lungo e oggi assistiamo a un nuovo lento riavvio, le parole che lo descrivono inseguono nuove mode, figlie dei tempi. Ecco quindi che al periodo di totale chiusura segue la voglia di tornare a vivere all’aperto, fuori dalle mura domestiche.
A farne uso, tra gli altri, l’amministratore di Pitti Immagine che, proprio questo autunno, avrebbe lanciato con la partnership di Fiere di Parma un nuovo format rivolto appunto agli operatori “premium and contemporary” del settore. Il debutto di Flavor – questo il nome del format - però è posticipato a data da definirsi.
E mentre assistiamo all’ideazione di nuovi format e a formule innovative per entrare in contatto con gli operatori del settore, il sistema fiere mette a punto il nuovo calendario 2021 trovando sistemazione agli eventi cancellati o posticipati in questo 2020.
Sì, perché nonostante la presenza e la promozione online, per gli operatori del settore il momento e lo spazio “fiera” rappresenta ancora un mezzo tra i più efficaci e apprezzati per esplorare nuovi orizzonti di business, vantando tra l’altro molteplici opportunità: la possibilità di rivolgersi al pubblico con un proprio allestimento, l’aggiornamento professionale grazie alla conoscenza delle novità del settore, l’entrare in contatto con le nuove tendenze e i nuovi processi ma anche, perché no, conoscere come si muovono nel mercato i competitor internazionali.
Ma c’è di più: il sistema fieristico genera un giro d’affari annuo di 60 miliardi di euro e dà vita al 50% delle esportazioni delle aziende italiane. Del resto le fiere sono – senza discussione – uno strumento di politica industriale, tanto da essere uno dei sei pilastri del Patto per l’Export proposto dal Ministero degli Affari Esteri e firmato dalla nostra Confederazione. Tanto per citare un po’ di numeri: quasi 1000 manifestazioni (di cui oltre 200 di carattere internazionale) con 200 mila espositori di cui 1/3 provenienti dall’estero e 20 milioni di visitatori l’anno ci rendono il secondo sistema fieristico d’Europa e il 4° nel mondo.
Un settore, quello dei grandi eventi fieristici che, come ogni esposizione, genera un notevole indotto e un irrinunciabile business per le città titolate ad ospitare le kermesse impattando anche sugli enti fieristici – per lo più a capitale pubblico e con bilanci milionari - che quest’anno vedranno quasi azzerate le entrate.
Ma torniamo al calendario. Quello del prossimo anno, per come appare oggi, è decisamente troppo ricco. Di fatto, gli appuntamenti in programma nel 2020 (oltre 170 eventi) se non sono stati completamente cancellati, perché manifestazioni di carattere annuale, sono stati posticipati al prossimo anno. Una scelta umanamente condivisibile dal momento che sembrano non esistere le condizioni oggettive per l’organizzazione di saloni dedicati in cui si possano garantire le necessarie misure di distanziamento previste per il contenimento del contagio da Covid che ovviamente scoraggiano la partecipazione di operatori italiani che esteri e la presenza dei visitatori.
Eppure la questione necessità di un “ma”. Ecco quindi che, per citare due degli appuntamenti principali per il nostro settore, Cibus e Tuttofood saranno organizzate a distanza di appena 10 giorni l’una dall’altra.
Certamente sarà una difficoltà non da poco per gli operatori del settore, per lo più piccoli e medi imprenditori che, nella migliore delle ipotesi, faranno i salti mortali per partecipare a entrambe le iniziative per non rischiare di perdere occasioni di business, con un non indifferente esborso economico, dispiego di personale e di energie che, al contrario di ogni altra occasione potrebbero trovarsi a dover scegliere – a scatola chiusa – tra l’una e l’altra.
Un’amara considerazione che prende le mosse dalla consapevolezza di come il nuovo calendario fieristico 2021 non faccia altro che mettere in luce le storture del sistema, Permettetemi un breve inciso: le due fiere in questione, Cibus e Tuttofood sono espressione di altrettante città, altrettante alleanze, altrettanti interessi che male si incontrano con il motivo per cui nascono le fiere, ovvero offrire opportunità commerciali alle imprese del settore, per lo più piccole e medie. Sovrapponendo fiere già tra loro antagoniste di certo non si fanno gli interessi degli imprenditori.
A questo si aggiunge un difficile lavoro anche per l’ICE – dotato di centinaia di milioni per la promozione estera dal nuovo Patto per l’Export – che dovrà trovare un degno equilibrio di rappresentanza estera in occasione dei due appuntamenti, cercando di far arrivare alle due manifestazioni buyer internazionali, stampa specializzata, delegazioni estere o, trovando il modo, – quasi impossibile – di trattenere gli addetti ai lavori per ben 10 giorni nel nostro belpaese. Una guerra senza quartiere che è fotocopia di quanto accade, ad esempio, anche nel settore beverage: è il caso del nostro Vinitaly e di Prowine eventi che si svolgono a pochi giorni di distanza, uno a Verona l’altro a Duesseldorf. Ma qui la partita si gioca in Europa, e allora che vinca il migliore.  Pietro Marcato Presidente Nazionale Confimi Industria Alimentare 



Save
Cookies user preferences
We use cookies to ensure you to get the best experience on our website. If you decline the use of cookies, this website may not function as expected.
Accept all
Decline all
Analytics
Tools used to analyze the data to measure the effectiveness of a website and to understand how it works.
Google Analytics
Accept
Decline