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Dazi Usa: una blacklist da 3 mld, ma cresce la pasta

Vino, olio, pasta, alcuni tipi di biscotti e caffè. Sono questi i simboli alimentari del Made in Italy esportati negli Stati Uniti, per un valore complessivo di circa 3 miliardi di euro, colpiti dalla nuova legislazione tariffaria dei dazi pubblicata ufficialmente il 26 giugno sul sito del Dipartimento del Commercio statunitense. Con la nuova consultazione, gli Usa minacciano di aumentare i dazi fino al 100% in valore e di estenderli a prodotti simbolo del Made in Italy, dopo l’entrata in vigore il 18 ottobre 2019 delle tariffe aggiuntive del 25% che hanno colpito per un valore di mezzo miliardo di euro specialità italiane come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello. Il primo settore industriale italiano, possiede un grande mercato di sbocco negli USA, con le esportazioni che nel 2019 hanno raggiunto 4,7 miliardi di euro, con un aumento del 10% nel primo quadrimestre del 2020 nonostante l’emergenza coronavirus. In testa alle esportazioni troviamo il vino con 1,5 miliardi di valore all’export. Buone performance sono state raggiunte anche dall’olio EVO con 420 milioni e ovviamente dalla pasta con 349 milioni, che risulta anche essere, nonostante il coronavirus, l’unico settore in crescita, con un aumento del 10,3% nel primo quadrimestre del 2020. Gli Stati Uniti sono il principale consumatore mondiale di vino e l’Italia è il loro primo fornitore con gli americani che apprezzano tra l’altro il Prosecco, il Pinot grigio, il Lambrusco e il Chianti che a differenza dei vini francesi erano scampati alla prima black list scattata ad ottobre 2019. Se entrassero in vigore dazi del 100% ad valorem sul vino italiano una bottiglia di prosecco venduta in media oggi al dettaglio in Usa a 10 dollari ne verrebbe a costare 15, con una rilevante perdita di competitività rispetto alle produzioni non colpite. Allo stesso modo si era salvato anche l’olio di oliva Made in Italy anche perché la proposta dei dazi aveva sollevato le critiche della North American Olive Oil Association (NAOOA) che aveva avviato l’iniziativa “Non tassate la nostra salute”.
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