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La pizza è consumata in tutto il mondo ma spesso non è un prodotto Made in Italy

Günther Karl Fuchs, autore del blog Papille Vagabonde, focalizza l’attenzione sulla pizza e si chiede come mai l’Italia non sia riuscita a creare un marchio per salvaguardare l’immagine di un prodotto che tutto sommato possiamo considerare nazionale.

“In questi giorni guardavo i dati degli acquisti fatti durante il lockdown al supermercato e tra i prodotti più acquistati c’è la pizza ovunque. Incredibile ma vero partendo da Napoli la pizza è riuscita ad affascinare i palati di tutto il mondo. Non c’è nessun altro prodotto che è sinonimo d’Italia nel mondo come la pizza. Diciamo che si è badato di più ad aprire pizzerie piuttosto che a cercare di creare un marchio di tutela e affrontare la sfida della lavorazione industriale. Nel tempo è molto cambiato il modo di consumare la pizza: da cibo di strada pronto subito per essere consumato a un prodotto surgelato da mangiare in modo programmato.

Oggi si può passare una serata in una delle tante pizzerie per tutte le tasche o mangiarla anche nei locali più raffinati (anche Cracco propone la pizza nel menu). Si può ordinarla e farla portare direttamente a casa quando si vuole grazie alle diverse app per smartphone, oppure la si prende e si scalda nel forno dopo l’acquisto al supermercato. Si può preparare per proprio conto partendo da pasta madre o lievito di birra oppure adoperare le basi già pronte.

Considerando il successo di vendite durante il lockdown si capisce che le grandi multinazionali del settore alimentare si stanno concentrando sull’innovazione del prodotto pizza e c’è da chiedersi cosa vedremo nel futuro. Oggi la maggior parte delle pizze in vendita al supermercato son surgelate, la surgelazione è nota per essere il migliore sistema di conservazione grazie alla catena del freddo (-18°). Poi c’è la pizza conservata in atmosfera protettiva con scadenza a breve, già pronta de mettere in forno. Su queste ultime si prevede una maggiore crescita con la nascita di nuovi marchi che offriranno delle scelte di pizze gourmand. Ci sono già pronte diverse compagne di comunicazione che daranno spazio all’artigianalità di queste proposte, all’utilizzo delle farine e degli ingredienti di qualità.

Le pizze in atmosfera protettiva sono quelle che potrete trovare al banco freschi sui banchi frigo a fianco di yogurt e pasta fresca. In questo segmento di mercato avranno spazio le specialità tipiche locali come la Pinza, la Focaccia romana farcita, la focaccia di Recco. La maggior parte delle pizze si riscaldano in forni statici o ventilati anche se le grandi aziende hanno studiato formati e pizze adatte esclusivamente ai forni a microonde (la principale domanda arriva dai mercato orientali). L’anno scorso nel mondo l’8% delle pizze vendute erano senza glutine. Negli USA il 25% delle pizze vendute sono senza glutine, in pratica una pizza su quattro è senza glutine. Nel settore ci sono due categorie, quelle a base di mix di cereali senza glutine e quelle con la base costituita da ortaggi e verdure. Le più famose sono quelle a base di cavolfiore che lanciò come ricetta Alain Ducasse diversi anni fa e Nestlé in America ha proposto con il marchio California Pizza Kitchen, la pizza con base di cavolfiore.

Non mancano le proposte alternative realizzate da piccole aziende che sostituiscono il cavolfiore con i broccoli o le patate dolci, un segmento in continua evoluzione quello delle basi per pizza vegetali.

La tendenze di ridurre i prodotti d’origine animale influenza anche la pizza, cosi si può trovare la pizza vegana in cui prodotti d’origine animale come la mozzarella vengono sostituiti da alternative vegetali e arricchita di soli prodotti vegetali (zucchine, melanzane, peperoni). Il consumo della pizza si evolve da tutto pasto a spuntino per qualsiasi momento della giornata, la sua semplicità e la sua adattabilità conquista i mercati globali. Grazie all’industria e alla tecnologia la pizza è ormai un prodotto adattabile alle esigenze dei consumatori del nuovo millennio con un grande assortimento: pizze condite già pronte da mettere in forno, pizze surgelate, pizze senza glutine, pizze vegetali. Peccato non avere saputo creare un marchio italiano forte a tutela della pizza come produzione e commercializzazione e lasciare che le grandi multinazionali del settore food traggano profitto da un prodotto tipico italiano. Il marchio che più richiama l’Italia è Buitoni ma da diversi anni appartiene alla Nestlé, multinazionale svizzera.

Ci sono poi dei produttori, qualcuno anche leader sul mercato italiano e in qualche mercato estero ma hanno quote a livello globale molto piccole e poco influenti come: Italpizza, Roncadin, Freddi Mantua Surgelati, Apizza (questi ultimi sono napoletani). Tutti bravi e appassionati a loro modo ma forse avrebbero avuto bisogno di un sostegno diverso.
In questo senso sono più fortunati in Grecia, dove il marchio dello yogurt Fage, nonostante tutto, è di un’azienda greca ed è leader di mercato assoluto dello yogurt greco in tutto il mondo, capace d’influenzare le scelte dei concorrenti, spiace non potere dire la stessa cosa della Pizza”.
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