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Vino “annacquato”? Quello che c’è da sapere sulla questione dei prodotti dealcolati in discussione a Bruxelles

L’Europa vuole davvero annacquare il vino? A giudicare dai titoli di alcuni quotidiani che parlano di “inganno legalizzato” e “Made in Italy sotto attacco” si potrebbe pensare che l’Unione Europea stia pensando di obbligare i produttori vitivinicoli ad allungare con acqua i propri prodotti per ridurne il tasso alcolico. Ma la questione dei vini dealcolati e parzialmente dealcolati – questo il nome tecnico dei vini senza alcol o con un quantitativo ridotto – è molto più complessa ed è ancora in fase di discussione a Bruxelles, nell’ambito delle trattative per la nuova Politica agricola comunitaria (Pac). Ma andiamo con ordine.

Tutto è iniziato con un comunicato infuocato di Coldiretti in cui denuncia la proposta di “allungare il vino con acqua” – ma anche delle etichette per gli alcolici, i programmi di disincentivazione del consumo di carne, le etichette a semaforo e l’approvazione dei primi insetti commestibili– come minacce a dieta mediterranea e Made in Italy. “L’introduzione della dealcolazione parziale e totale come nuove pratiche enologiche – ha dichiarato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo e che metterebbe fortemente a rischio l’identità del vino italiano e europeo, anche perché la definizione “naturale” e legale del vino vigente in Europa prevede il divieto di aggiungere acqua”. La questione dei vini dealcolati è uno dei temi in corso di discussione per la definizione di una parte della nuova Pac, chiamata Organizzazione comune dei mercati, che entrerà in vigore nel 2023. Una mossa che, secondo i suoi proponenti, aprirebbe ai produttori vitivinicoli europei i mercati dei Paesi dove non si consumano bevande alcoliche. Un altro mercato a cui puntano i sostenitori della proposta è quello dei consumatori che non vogliono o non possono assumere alcolici per motivi legati alla salute. A mettere sul piede di guerra Coldiretti e altre associazioni di categoria, però, è stata la richiesta di inserire norme che permettano di realizzare vini con indicazioni geografiche parzialmente dealcolati.

Il presidente di Federvini Sandro Boscaini ha dichiarato invece di considerare una possibile regolamentazione dei vini dealcolati all’interno della legislazione europea come “un passo necessario ed utile”, precisando anche che “il rischio di vedere delle denominazioni d’origine dealcolate è inesistente a meno che i produttori non decidano di modificare i propri disciplinari: a conferma che i produttori restano i custodi delle caratteristiche della propria denominazione”. È dello stesso parere anche l’europarlamentare italiano Paolo DiCastro, il quale, pur essendo dell’opinione “che un vino senza alcol non può essere definito tale”, ha spiegato come “la scelta finale su un’eventuale modifica del proprio prodotto rimarrà nelle loro mani, con i necessari cambiamenti dei rigidi disciplinari interni di produzione”.

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