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La grande tradizione alimentare italiana alle prese con le “innovative “aperture proposte dalla Comunità Europea

La nuova Politica Agricola Comune, più conosciuta come PAC, entrerà in vigore nel gennaio del 2023. Ma ovviamente i lavori per la sua definizione sono in corso e alcune scelte sono già sulla bocca di tutti. Tra i rumors - che poi tanto rumors non sono perché ne hanno riportato notizia i maggiori quotidiani di più paesi in Ue - la possibilità di produrre vino parzialmente senza alcool. E c’è già chi ha proposto di non chiamarlo tale. Una bevanda che ha una storia di socialità, una tradizione artigianale, un rilievo letterario da oltre quattro millenni come il vino non può essere derubricata con tanta facilità. E se Bruxelles ha già in parte smentito le voci di corridoio, ha tenuto comunque a precisare che la proposta non vuole incidere sulla produzione di vino così come la conosciamo quanto invece offrire la possibilità di ampliare il mercato, con nuove linee e nuovi prodotti alcool free, permettendo al vino europeo di conquistare anche il mercato arabo. Non un attacco all’identità del vino (!) ma un’opportunità. Per non parlare del via libera alla commercializzazione delle tarme della farina come alimento. Il nuovo alimento, o Novel Food come dicono a Bruxelles, potrà essere venduto nella formula di insetto essiccato intero – come uno snack - o come una farina, secondo una serie di requisiti di etichettatura prescritti dall'Authority di Parma. La decisione formale della Commissione europea - che fa parte della strategia “Farm to Fork” - sarà adottata nelle prossime settimane. Notizie che di certo devono essere inserite – e quindi lette - in un contesto più ampio. Nonostante in molti paesi avanzati, come l’Italia, la denatalità sia un fatto evidente e un problema urgente da affrontare, l’umanità si appresta a fare un ulteriore balzo in avanti: dagli attuali 7,7 miliardi di persone si raggiungerà una popolazione di quasi 10 miliardi (9,7) nel 2050. Una crescita sì e nuovi grandi flussi migratori, di popolazioni alla ricerca del benessere che andranno a coprire gli spazi lasciati liberi dai paesi in decrescita. Premesso che abbiamo assoluta necessità di reperire cibi proteici a basso costo per poter sfamare le nuove generazioni; vero anche che i paesi più ricchi e attenti alle tematiche ambientali devono tracciare nuove strade per coniugare queste necessità con la scarsità di risorse; che i temi ambientali oggi sono sempre più impellenti, abbiamo però il dovere di trovare un equilibrio con la tradizione culturale e culinaria che fa del nostro paese un’eccellenza mondiale. L’indiscussa qualità del food italiano, bandiera del Made in Italy, che oggi vale il 14% del PIL nazionale ed è in continua crescita dall’inizio del secolo, dovrà fare ora i conti con queste nuove aperture e data l’importanza dei valori in gioco non possiamo permetterci di sottovalutare la situazione. L’impressione che ho, come imprenditore e come presidente di Confimi Alimentare è che talvolta la Comunità Europea agisca da “matrigna”, calando dall’alto decisioni o visioni che cozzano con il nostro mondo, fatto di una miriade di PMI Alimentari che producono e commercializzano alimenti eccezionali, espressione delle tipicità regionali, frutto di conoscenze talvolta millenarie che danno vita ad alimenti unici e apprezzati in ogni dove nel mondo. Prodotti che dobbiamo assolutamente difendere. E questo non vuol dire avere dei preconcetti o un atteggiamento di chiusura nei confronti delle novità, quanto piuttosto impedire che il nostro sapere e la nostra tradizione di qualità – già più volte certificata e valorizzata con il termine di Dieta Mediterranea - venga trasformata, rielaborata, soggiogata da chi forse, un pochino, ci invidia.    Pietro Marcato - Presidente Nazionale Confimi Alimentare 

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