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Salame, l’importanza del taglio giusto per esaltarne le caratteristiche sensoriali

In Italia la produzione di salame è molto diffusa e ogni territorio ha i propri. Per sceglierli, il consumatore dà importanza soprattutto ai sensi, esprimendo giudizi spesso soggettivi e condizionati da esperienze personali. L’industria alimentare, invece, fino a qualche tempo fa controllava la qualità di questi insaccati prevalentemente con analisi microbiologiche e chimiche. Oggi però è in grado di valutare la qualità dei prodotti anche tramite un tipo di analisi sensoriale che fornisce dati oggettivi e ripetibili, affiancandosi alle analisi di laboratorio, soprattutto per quei prodotti che, avvalendosi di una protezione comunitaria, hanno riferimenti sensoriali nel proprio disciplinare.

L’analisi sensoriale è una disciplina scientifica impiegata per misurare e interpretare le sensazioni che possono essere percepite dai sensi e fornisce risultati precisi, ripetibili e statisticamente significativi impiegando opportune metodologie e personale addestrato. Per quanto riguarda l’analisi dei salami in particolare, la bibliografia riporta metodologie elaborate da vari autori*. Tra queste ricerche, in particolare quella di Fabio Coloretti esamina l’aspetto non secondario della fetta, tenendo conto di quanto tradizionalmente eseguito dai consumatori avveduti.

Nei salami con diametro inferiore a sessanta millimetri (Salame Felino, Fabriano, Fiorettino, Cacciatore e altri) la fetta è tagliata a forma ellittica tenendo il coltello con un angolo di incidenza di 45° rispetto all’asse del salame e ottenendo una fetta allungata detta anche “a becco di clarino”. Nei salami con un diametro superiore, come Milano e Finocchiona, e nelle soppressate si esegue un taglio con un angolo di incidenza di 90°, ottenendo una fetta rotonda. Ogni fetta ha lo spessore di cinque millimetri. La diversificazione del taglio ha lo scopo di avere in ogni caso una fetta con una sufficiente superficie, che consente una corretta valutazione per quel che riguarda la struttura dell’impasto, la sua forma e il colore, permettendo di avere una sufficiente emanazione dell’aroma e apprezzamento della consistenza e del sapore.

Il taglio del salame, la dimensione e la forma della sua fetta sono quindi ora affrontate con metodo scientifico, ma non bisogna dimenticare che, fin dal lontano passato, era un’arte e, soprattutto, un atto gastronomico. Antica è l’arte trinciante. È il nobile che, nel banchetto rinascimentale e barocco, ha la responsabilità di tagliare le carni, azione che esegue con gesti precisi e adatti a metterne in mostra le qualità. Affettare correttamente un salume serve a esaltarne le caratteristiche organolettiche, ma anche quelle estetiche: una fetta troppo grossa e irregolare o troppo sottile, che tende a sbriciolarsi, non è bella e tale trattamento è tanto più ‘delittuoso’ se il salume è pregiato.

Ogni salume ha la sua fetta il taglio deve tenere conto della grana, del grado di stagionatura e, come detto, del diametro. La fetta non deve inoltre essere più spessa di un grano di pepe e va tagliata con un coltello lungo, sottile, molto affilato e d’acciaio, perché il ferro interagisce con il grasso favorendo l’ossidazione e conferendogli un gusto ferroso. Avere oggi a disposizione un trinciante non è sempre possibile e, usando un’affettatrice, bisogna aspettare qualche secondo tra un taglio e l’altro, perché la lama surriscaldata può alterare il gusto.

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