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Blockchain nella filiera alimentare. Come?

L’informatica continua a mostrare i suoi vantaggi. Nella vita comune come nella registrazione e monitoraggio delle fasi di processo, con rapido accesso ai dati e sicurezza nella loro archiviazione.

La tecnologia DLT (Distributed Ledger Technology), più celebre come blockchain, nasce dall’esigenza di definire uno strumento informatico sicuro che automatizzi l’acquisizione e la registrazione delle informazioni nei processi interessati alla filiera. Che si tratti di bitcoin o di vasetti di yogurt, il concetto è lo stesso. Salvo doversi adattare alle economie dei vari sistemi.

La blockchain si distingue, rispetto ad altri protocolli, sotto diversi aspetti:

la sicurezza dell’informazione, affidata alla distribuzione dei dati presso blocchi separati e indipendenti, ai fini della raccolta e della convalida,

l’incorruttibilità dei dati, che deriva dall’impossibilità di modificarli retroattivamente senza alterarne i codici identificativi,

la trasparenza, insita nella stessa logica di un registro aperto e distribuito.

 Blockchain nella filiera del latte, il prototipo di Bari 

CyberSecurity è un’impresa di Bari che opera nel settore della sicurezza informatica. Una tra le prime software house ad avere investito nella tecnologia DLT, CyberSecurity ha verificato la potenziale efficacia e utilità della blockchain per garantire la tracciabilità nella filiera del latte.

Nasce così il prototipoMVP (Milk Verification Project), di straordinaria attualità in un periodo ove le frodi alimentari nella filiera lattiero-casearia sono all’ordine del giorno.

Le tecnologie IoT (Internet of Things) – quelle cioè capaci di interconnettere dispositivi dislocati in postazioni diverse, che pure fanno parte del prototipo di CyberSecurity – permettono inoltre di fornire aggiornamenti in tempo reale. Offrendo dati accessibili a tutti gli utenti che partecipano al network.

Il prototipo sviluppato a Bari presenta tutte le caratteristiche per innovare l’informazione nella filiera del latte, garantendo un’informazione che supera di gran lunga – anche in termini di affidabilità – i requisiti formali stabiliti nel c.d. decreto origine latte. Il quale, come si è visto, risulta tra l’altro illegittimo poiché non notificato alla Commissione europea.

Rimane perciò da chiedersi perché tale prototipo non venga adottato e applicato al più presto da quelle imprese, nella produzione e distribuzione di prodotti lattiero-caseari, che intendano distinguersi nella serietà dei propriprotocolli a garanzia dell’effettiva integrità della filieraMade in Italy. Un investimento sulla fiducia, che il mercato saprà certamente riconoscere e valorizzare.
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