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Accordo Ceta nelle mani dell'Italia

Il destino dell’accordo commerciale tra UE e Canada è nelle mani dell’Italia; ed è per questo che, con ogni probabilità, il CETA è destinato a decadere. Pochi giorni fa il neo ministro delle Politiche agricoleGian Marco Centinaio, aveva infatti anticipato non voler ratificare il CETA. Se seguiranno decisioni concrete (e tra gli schieramenti politici italiani il no al trattato gode di consensi che superano l’attuale maggioranza di governo), salterebbe l’intero accordo e ne verrebbe revocata anche l’applicazione provvisoria – scattata il 21 settembre del 2017 in attesa della ratifica da parte di tutti i Parlamenti degli Stati UE: ad oggi si sono espressi solo 11 Paesi su 28 – almeno per quanto riguarda le misure di politica commerciale, come l’azzeramento dei dazi. Al momento, la sola parte in sospeso è quella sugli investimenti. Se l’Italia si fermasse alla ‘non ratifica’ il trattato continuerebbe però a restare in piedi, anche se non per le parti di competenza nazionale. Se invece il Parlamento lo bocciasse con un voto esplicito, allora il CETA potrebbe cadere per tutti. L’accordo di libero scambio con il Canada non contiene infatti esplicite disposizioni sugli effetti di una mancata ratifica da parte di uno Stato UE, e non esistono precedenti. Tuttavia, sugli effetti di un eventuale no alla ratifica si è pronunciato recentemente il commissario per il Commercio, Cecilia Malmström, dichiarando che in presenza di ostacoli alla ratifica sul piano nazionale l’accordo non può entrare in vigore e l’applicazione provvisoria dovrebbe immediatamente cessare. A quel punto, non rimarrebbe molto altro da fare a parte riavviare i negoziati con il Canada per stipulare un nuovo trattato sulle misure di politica commerciale: competenza esclusiva della UE. COSA PREVEDE IL TRATTATO: I FAVOREVOLI…

Con l’entrata in vigore provvisoria del CETA (firmato il 30 ottobre del 2016 da UE e Canada) sono già a regime le clausole che riguardano le materie di competenza europea, come le misure non tariffarie e la tutela delle Indicazioni Geografiche. Secondo i sostenitori, questo consente di abolire di fatto il 99 per cento delle tariffe doganali canadesi per un valore di 400 milioni di euro, mentre alla fine del periodo di transizione la cifra – secondo le previsioni della Commissione Europea – potrebbe superare i 500 milioni l’anno. Inoltre, va considerata la rimozione di alcune importanti barriere non tariffarie e l’apertura del mercato degli appalti pubblici alle aziende europee. Tutto ciò in aggiunta al riconoscimento di 171 Indicazioni Geografiche europee (di cui 41 italiane). Con il CETA il Canada si è infatti impegnato ad aprire il suo mercato a formaggi, vini e bevande alcoliche, prodotti ortofrutticoli e trasformati. Tutti i prodotti devono essere conformi alle disposizioni dell’UE. Per l’Italia, l’accordo prevede la protezione di vari prodotti DOP e IGP: dalla bresaola della Valtellina all’Aceto Balsamico di Modena, passando per la Mozzarella di Bufala Campana e il Prosciutto di Parma o di San DanieleI prodotti europei godrebbero di una protezione dalle imitazioni analoga a quella offerta dal diritto dell’Unione e non correrebbero più il rischio di essere considerati prodotti generici in Canada.

E I CONTRARI

I critici del CETA sottolineano invece i rischi legati all’arrivo sulle nostre tavole di prodotti agricoli trattati con additivi chimici, Ogm o carne agli ormoni: paure sempre definite ingiustificate dalla Commissione Europea. Secondo Greenpeace, ad esempio, il trattato darà alle aziende del Nord America diversi strumenti per indebolire gli standard europei su ormoni della crescita, Ogm, lavaggio della carne con sostanze chimiche, clonazione animale. Per il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvola decisione di non ratificare il trattato di libero scambio con il Canada è una scelta giusta di fronte ad un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia. Secondo l’organizzazione con il CETA per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarebbe anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di parmesan.
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