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PRODOTTI DI MONTAGNA: ECCO LE SPECIFICHE

Prodotto di montagna”: una dicitura e un apposito regime di qualità, ora anche un marchio ad hoc, per valorizzare i cibi le cui filiere si radicano nelle aree montane. Un logo verde, due montagne stilizzate, riservato agli alimenti realizzati in montagna a partire da materie prime che provengano dalle zone montane. 

Già dal 1998 era stata prevista la dicitura facoltativa ‘prodotto nella montagna italiana’, ma essa era riservata ai soli prodotti DOP e IGP. 

Il DM 26.7.17 ha esteso alla generalità degli alimenti – vini esclusi – la possibilità di citare in etichetta l’origine montana, al ricorrere delle condizioni stabilite. 

L’idea di fondo è quella di valorizzare i prodotti che provengono da zone economicamente svantaggiate. Là dove l’altitudine e/o la ripidezza dei pendii limitano drasticamente le chance di utilizzare le terre, aumentandone i costi di lavorazione. 

L’indicazione facoltativa di qualità ‘prodotto di montagna’ è soggetta alle condizioni precisamente definite nel DM 26.7.17. Al preciso scopo di prevenire inganni come quello del Latte alpino’ di pianura.

Le zone di montagna devono perciò venire localizzate soltanto nei Comuni classificati come (totalmente o parzialmente) montani e sono indicate a livello regionale. 

La definizione di prodotto di montagna deriva invece dalla normativa europea. Ed è proprio il reg. UE 1151/2012 – lo stesso che tutela DOP e IGP – a prescrivere quanto segue:

– le materie prime e i mangimi devono provenire ‘essenzialmente’ da zone di montagna,

– la trasformazione, ivi comprese le attività di stagionatura e maturazione, deve a sua volta avere luogo nelle aree predette. 

Gli animali devono venire allevati in loco. Per almeno 2/3 della vita, nel caso di prodotti trasformati. Agli animali transumanti invece basta trascorrere sui monti solo un quarto dell’esistenza.

I mangimi di provenienza diversa sono ammessi in allevamento entro una quota media del 50%, che si riduce al 40% per i ruminanti e si estende al 75% per i suini.

Erbe, spezie e zucchero utilizzati nelle produzioni alimentari possono a loro volta provenire da aree diverse, purché non superino il 50% del peso degli ingredienti immessi in ricetta. 

Le deroghe riguardano alcune singole operazioni (es. macellazione, spremitura degli oli), purché gli impianti siano localizzati entro i 30 km dal confine amministrativo della zona di montagna. Entro i 10 km, per il latte e i prodotti lattiero-caseari.
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