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FTALATI E BPA NELL’ORGANISMO UMANO

Ftalati e BPA, interferenti endocrini nell’organismo umano? La sicurezza chimica degli alimenti rivela nuove evidenze di rischio, in un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

La Commissione europea ha lanciato una campagna di comunicazione pubblica per sensibilizzare i cittadini sulle alternative sostenibili ai prodotti in plastica monouso. La campagna si concentra sull’impatto ambientale di una serie di oggetti in plastica monouso, quali bicchieri e posate, cannucce, involucri di dolci e altri cibi, bastoncini di lecca-lecca, bottiglie di plastica, sacchetti, cotton fioc. Evidenziando la disponibilità ed economicità – per i consumatori e l’ecosistema – di alternative ecologiche.

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha a sua volta studiato per 4 anni – nel progetto ‘Life pursuaded’ – l’esposizione della popolazione infantile a sostanze pericolose come gli ftalati e il Bisfenolo A (BPA). Sostanze plastificanti ubiquitarie – utilizzate nei materiali a contatto (MOCA), come in numerosi articoli di consumo e vari altri materiali – riconosciute come interferenti endocrini.

I risultati della ricerca ISS sono stati presentati a Roma il 25-26.10.18. Evidenziando la gravità del problema ‘interferenti endocrini’ in relazione alla salute dei bambini, e le doverose azioni da intraprendere a livello regolatorio, oltreché di valutazione e comunicazione del rischio.

Gli ftalati e il Bisfenolo A (BPA) sono composti chimici plasticizzanti ampiamente impiegati nell’imballaggio e nell’impacchettamento degli alimenti e dei liquidi. Non essendo legati chimicamente al polimero ove sono contenuti, possono venire rilasciati negli alimenti o nei liquidi con cui sono a contatto.

La popolazione è esposta a tali sostanze mediante ingestione dei cibi ove esse migrano, con possibili effetti avversi per la salute a livello del sistema riproduttivo, nervoso ed endocrino.

I bambini rappresentano una fascia di popolazione particolarmente vulnerabile all’esposizione per via del loro maggior apporto di cibo in relazione al peso corporeo e al diverso metabolismo.

Il progetto ‘Life pursuaded’ ha avuto come obiettivo principale la valutazione dei livelli di ftalati e Bisfenolo A nei bambini e adolescenti della popolazione italiana, attraverso uno studio di biomonitoraggio che ha coinvolto coppie madre-figlio al Nord, Centro e Sud Italia.

Loccorrenza di alcune patologie infantili sempre più diffuse, come le alterazioni dello sviluppo puberale e l’obesità, è stata altresì indagata in rapporto all’esposizione a tali sostanze. Le quali sono infatti riconosciute come interferenti endocrini e obesogeni, con effetti sul sistema riproduttivo, sul neurosviluppo, sul sistema immunitario, sul metabolismo lipidico e degli ormoni tiroidei.

I pediatri del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) hanno avuto un ruolo essenziale per il reclutamento dei bambini e la raccolta delle informazioni. I questionari utilizzati hanno infatti consentito di valutare gli stili di vita e le abitudini alimentari, e di predisporre indicazioni su come mitigare il rischio in ottica di prevenzione.

Sono stati reclutati 900 bambini sani dai 4 ai 14 anni, equamente distribuiti fra maschi e femmine, residenti nelle macroaree Nord, Centro e Sud, in aree urbane o rurali. In relazione a ciascun bambino si è provveduto a raccogliere un campione di urine, per l’analisi dei livelli dei metaboliti di BPA e ftalati. E un questionario sullo stile di vita, con dettaglio sui pasti consumati nei due giorni anteriori al prelievo di urine.

2.036 coppie madre-bambino sono state altresì reclutate con simili modalità. Sono stati raccolti questionari sullo stile di vita e si è proceduto alle analisi delle urine su un loro sottogruppo. Onde misurare le concentrazioni urinarie dei metaboliti di BPA e DEHP (uno ftalato).

Anche in questo caso, quasi tutti i campioni (99,3%) hanno rivelato un’esposizione agli ftalati, il 77,3% anche la presenza di BPA.

In conclusione, la ricerca ‘Life pursuaded’ evidenzia come la popolazione italiana sia effettivamente esposta a entrambe le sostanze. (6) Sebbene non si tratti di composti persistenti, l’esposizione è diffusa e continua. Ed è maggiore, dato ancor più preoccupante, nei bambini più piccoli.

L’analisi dei dati su diete e stili di vita, raccolti grazie ai questionari e ai diari alimentari, hanno permesso di identificare alcuni determinanti di esposizione nei bambini e nelle madri. 

Sia nei bambini, sia nelle madri, i livelli più alti di ftalati e BPA sono associati all’utilizzo di plastica monouso (bicchieri, piatti). Le concentrazioni di queste sostanze nelle urine aumentano in relazione alla frequenza d’uso e all’utilizzo di contenitori in plastica nei forni a microonde.

I giocattoli in plastica, inclusi quelli elettronici, incidono sulla maggiore esposizione a ftalati nei bambini che li utilizzino più di 4 ore al giorno (segnatamente, nella fascia di età tra 4 e 6 anni).

L’attività fisica dei bambini in età 7-14 è associata a livelli più bassi di ftalati e BPA, che variano a seconda dello sport praticato, del sesso e dell’area di residenza. Nelle madri che praticano attività fisica all’aperto in area urbana nel Centro Italia, viceversa, si riscontra maggiore presenza di entrambi i composti.
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