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Possibile presenza di glutine nel burro: coinvolti otto marchi e diversi formati

Il ministero della Salute ha segnalato il richiamo di altri lotti e altri marchi di burro prodotto da Gra-Com per la possibile presenza di glutine non dichiarato. I prodotti interessati sono:

  • Burro Granarolo Expert,in formato da 1000 grammi, appartenente ai lotti numero 040921 con scadenza 04/09/2021, 090921 con scadenza 09/09/2021e 160921 con scadenza 16/09/2021
  • Burro Granarolo Foodservice,in confezioni da 125 pezzi da 8 grammi (8gx125pz), con le scadenze 28/08/2021, 09/09/2021, 16/09/2021, 06/10/2021e 13/10/2021, corrispondenti ai numeri di lotto
  • Burro Cattel, in formato da 250 grammi, appartenente al lotto numero 280821 con scadenza 28/08/2021
  • Burro Latteria, in formati da 250 e 1000 grammi, appartenenti ai lotti numero 090921 con scadenza 09/09/2021, 160921 con scadenza 16/09/2021 e 131021 con scadenza 13/10/2021
  • Burro Nonna Tita, in formato da 250 grammi, appartenente ai lotti numero 280821 con scadenza 28/08/2021 e 040921 con scadenza 04/09/2021
  • Burro Valis, in formato da 250 grammi, appartenente al lotto numero 040921 con scadenza 04/09/2021

Tutti i lotti richiamati sono stati prodotti dall’azienda Gra-Com Srl nello stabilimento di via Emilia Est 90/A a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena (marchio di identificazione IT 08 53 CE).

Un altro lotto di burro prodotto da Gra-Com Srl e venduto con diversi marchi era stato richiamato l’8 luglio 2021, sempre per la possibile presenza di glutine nel prodotto.

Per precauzione, si raccomanda alle persone celiache e con sensibilità al glutine di non consumare i prodotti con i marchi e i numeri di lotto segnalati e restituirli al punto vendita d’acquisto. I lotti di burro in questione sono sicuri per gli altri consumatori. 

Sono 13mila i prodotti alimentari trasformati con ingredienti italiani Dop e Igp

Cosa succede quando la “Dop Economy” italiana  incontra il mondo dell’industria e dell’artigianato alimentare? È questa è la domanda a cui Fondazione Qualivita ha provato a rispondere con uno studio approfondito sul  segmento dei prodotti alimentari trasformati che usano ingredienti Dop e Igp. I risultati, presentati ufficialmente nella sede del Ministero delle Politiche Agricole, parlano di un 68% di Consorzi di tutela “attivi” che hanno con­cesso l’autorizzazione all’uso di un’Indicazione Geografica (IG) come ingrediente. Nel complesso si contano 13mila autorizzazioni rilasciate negli anni dai Consorzi e dal Mipaaf, di cui 4.600 attive nel 2020 che coinvolgono circa 1.600 imprese della tra­sformazione. Nel complesso, si stima un valore alla produzione Dop/Igp destinato a prodotti trasformati pari a 260 milioni di euro che supera il miliardo di euro per l’industria e l’artigianato alimentare. Le Dop e le Igp sono usate soprattutto in condimenti (42% delle IG coinvolte) e primi piatti (41%), salumi (33%) e dolci (31%). Seguono poi formaggi e gelati (25%), marmellate, pizze e bevande (23%).L’analisi ha anche rilevato un quadro normativo europeo frammentato e un “primato” italiano in termini di regolamentazione, dove l’Italia è l’unico Paese ad aver introdotto un meccanismo di autorizzazione – in capo ai Consorzi riconosciuti – per conferire una maggiore tutela alle IG. La ricerca ha evidenziato una serie di buone pratiche e il grande potenziale del settore in termini di opportunità di mercato. La presentazione è stata anche un’occasione per ascoltare dalla viva voce di rappresentanti delle aziende alimentari italiane alcune case history virtuose che hanno visto l’inserimento di ingredienti Dop e Igp all’interno di prodotti trasformati dalla grande industria. Dal cornetto Sammontana con cioccolato di Modica Igp (oltre alla la crema gelato con Vin santo di Chianti Dop) alla pasta ripiena di Giovanni Rana con Gorgonzola Dop, dal minestrone Findus con Basilico Genovese Dop, Patate del Fucino Igp e Cipolla rossa di Tropea Calabria Igp alle ricette My Selection di McDonald’s Italia, dalla Fanta con Arance Rosse di Sicilia Igp (o Limone di Siracusa Igp per la versione Fanta Limonata) fino alla Focaccia del Contadino con Parmigiano Reggiano Dop dell’impresa artigiana di Attilio Servi. L’Italia vanta il primato mondiale di prodotti agroalimentari e vitivinicoli Dop e Igp, con 840 filiere a qualità certificata che coinvolgono 180mila operatori in tutta la penisola per una produzione che sfiora i 17 miliardi di euro. Accanto a questo asset portante del sistema agroalimentare, vi è il settore dell’industria e dell’artigianato alimentare italiano: un comparto da oltre 81.600 imprese che generano un fatturato di 145 miliardi di euro. La sinergia fra settore Dop e Igp e prodotti trasformati negli ultimi anni è andata consolidandosi e secondo la Fondazione Qualivita rappresenta una via di crescita sempre più rilevante per molte produzioni territoriali di qualità e per le imprese della trasformazione. La ricerca ha anche analizzato i principali usi illeciti delle IG come ingredienti riscontrati sul mercato, quali lo sfruttamento indebito della notorietà, l’evocazione, le indicazioni false ed ingannevoli sulle qualità essenziali, la mancanza dell’autorizzazione, la violazione del requisito minimo convenuto sulla quantità, e lo sfruttamento indebito dell’identità visiva o della reputazione.

La produzione italiana di olio frena

Secondo anno di calo per la produzione nazionale di olio d’oliva. Il forte calo, secondo i dati provvisori diffusi dal Coi (Consiglio oleicolo internazionale), non è esclusiva italiana visto che a perdere terreno sono anche il Portogallo (-28,8%) e la Grecia (meno 1,8%). La Spagna invece continua a rafforzare la sua leadership segnando, in controtendenza rispetto agli altri Paesi mediterranei, una crescita del +24,4%.

“La forte riduzione della nostra produzione – afferma Walter Placida, presidente della Federazione (FNP) olivicola nazionale di Confagricoltura – è ormai diventata endemica. Occorre risolverla presto con un approccio pragmatico e fattivo. Siamo diventati il terzo Paese produttore dopo Spagna e Grecia, rimanendo primi importatori e consumatori. La nostra olivicoltura è un patrimonio inimitabile che vive difficoltà strutturali e commerciali nonostante la qualità dei prodotti. Siamo primi al mondo per biodiversità, con oltre 500 cultivar che danno vita ad oli con profili aromatici unici nel panorama mondiale, senza contare la cultura, la qualità delle produzioni, la salvaguardia ambientale e paesaggistica, lo sviluppo e la ricerca tecnologica ”.

Secondo Confagricoltura è quindi più che mai necessario un Piano Olivicolo Nazionale “ che consenta di impiantare nuovi oliveti e recuperare quelli abbandonati. Serve garantire, su tutto il territorio nazionale, valore al lavoro dei nostri agricoltori – continua Placida – riconoscendo un giusto sostegno alla filiera agricola impegnata nella produzione di un olio extravergine di oliva di qualità, garantendo un prezzo equo, adeguato e remunerativo”.

La discussione in ambito COI per la modifica dei parametri qualitativi con la riduzione dei livelli di acidità potrebbe comportare la rimozione dal mercato di una fetta consistente – conclude Placida – pari al 50% della produzione italiana di extra vergine. Ma non solo. Se non si valorizza l’esito del Panel test, si corre il rischio di escludere dalla gamma degli extra vergini oli con caratteristiche organolettiche ottime, continuando ad ammettere oli stranieri sensorialmente discutibili”. 

Disturbi alimentari e lockdown: aumento del 30% di persone colpite, soprattutto tra gli adolescenti

I dati di un’indagine Survey diffusi dal Ministero della Salute parlano di un aumento del 30% di persone affette da disturbi alimentari nel primo semestre del 2020. In Italia da gennaio a giugno 2020 si sono registrati 230.458 nuovi casi, mentre nello stesso periodo dell’anno precedente i casi registrati si fermavano a 163.547. Tale incremento è da annoverare tra le conseguenze del lockdown dovuto all’emergenza Covid: in alcuni casi, gli stati d’ansia, di depressione e di spaesamento causati dall’isolamento forzato, hanno portato a uno sconvolgimento delle abitudini alimentari che è sconfinato nella manifestazione di una patologia o in una situazione di limite.

I disturbi del comportamento alimentare (Dca) consistono in disfunzioni del comportamento alimentare e/o in comportamenti finalizzati al controllo del peso corporeo, che, se non individuati e curati per tempo, possono danneggiare in modo significativo la salute fisica e psicologica. Di Dca esistono diverse tipologie, ma le più diffuse sono l’anoressia nervosa, che si caratterizza con il rifiuto del cibo, un’attività fisica intensa e una continua e progressiva perdita di peso; la bulimia nervosa, che porta a grandi abbuffate alle quali seguono comportamenti compensatori come il vomito auto provocato, l’uso di lassativi e diuretici o attività fisica eccessiva; il binge eating disorder, ovvero il disturbo da alimentazione incontrollata. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi del comportamento alimentare rappresentano la seconda causa di morte nella popolazione femminile in adolescenza dopo gli incidenti stradali e il tasso di mortalità dell’anoressia nervosa supera il 10% collocandosi come la malattia psichiatrica a tasso di mortalità più elevato. Per quanto riguarda l’età media di insorgenza dei disturbi alimentari, negli ultimi decenni si è assistito a un progressivo abbassamento: sebbene la fascia d’età maggiormente colpita sia quella tra i 15 e i 25 anni, sono sempre più frequenti diagnosi in età preadolescenziale e nell’infanzia (8-12 anni).

Secondo Stefania Ruggeri, ricercatrice e nutrizionista del Crea – Alimenti e Nutrizione, riguardo l’allarme lanciato sull’incremento di Dca durante l’emergenza Covid-19, c’è la necessità di uno studio specifico che si concentri sui cambiamenti delle abitudini alimentari dei ragazzi. “I ragazzi preadolescenti e adolescenti”, spiega Ruggeri “sono tra le persone che hanno sofferto maggiormente il lockdown. A prescindere dallo sviluppo di un disturbo alimentare, è importante capire cosa sia successo ai nostri figli per poter migliorare i loro comportamenti alimentari e, nel caso di una nuova emergenza, essere pronti e metterli al riparo. Per questo con i colleghi del gruppo di ricerca “Nutrizione e stili di vita in epoca preconcezionale, gravidanza e nell’età evolutiva: a life course approach”* e in collaborazione con la psicoterapeuta Paola Medde stiamo conducendo un’indagine online rivolta a studiare come la pandemia abbia influito sulle abitudini alimentari, sull’attività fisica, sugli stili di vita e su altri aspetti della vita dei ragazzi italiani dai 12 ai 20 anni”.

Nella prima fase di questo studio pilota sono stati coinvolti 188 soggetti tra i 12 e i 20 anni, di cui il 65,4% femmine, il 34,6% maschi e l’83,6% con più di 16 anni. Il campione di riferimento ha risposto a un questionario le cui domande sono state studiate per la giovane età dei partecipanti. I primi risultati dello studio dicono che per il 55,3% dei giovani il social maggiormente utilizzato è Instagram. Il 51,1% del campione ha dichiarato di aver passato molto più tempo rispetto al solito davanti alla TV e/o tablet/PC e/o smartphone, il 33% un tempo abbastanza maggiore, il 9% relativamente maggiore e solo il 6,9% lo stesso tempo. Alla domanda se durante la pandemia si è seguita una dieta, il 34,6% dei ragazzi ha risposto affermativamente e, di questi, il 55,6% ha seguito una dieta fai da te, senza consultare una specialista. Rispetto a cosa trasmette la propria immagine riflessa allo specchio, il 37,2% ha dichiarato di voler essere più magro/a, il 29,3% ha affermato di voler cambiare alcune parti del corpo e solo il 33,5% ha detto di piacersi così com’è. A questi dati c’è da aggiungere quelli relativi a un aumento o perdita di peso che per il 50% dei ragazzi non era dovuto a un motivo particolare, per il 17% era conseguenza di una dieta e per il 12,2% era il risultato di un aumento della propria altezza. Se è vero che durante i vari lockdown e zone rosse, Instagram, così come Tik Tok, è stato – e forse lo è ancora – lo strumento di connessione dei giovani con il mondo esterno, è possibile affermare che le e gli influencer hanno rappresentato uno dei principali modelli di riferimento dei giovani. Tale constatazione, qualora collegata con il rapporto degli adolescenti con il proprio corpo e la dieta, diventa potenzialmente problematica data la non veridicità delle immagini corporee trasmesse sui social. Gli adolescenti sono bombardati da storie Instagram, dove ragazze con corpi magri e ragazzi con corpi scolpiti mangiano piatti abbondanti scherzando sui continui “sgarri”, da meme grassofobici che scherzano sull’aumento di peso durante il lockdown o le vacanze, da promozioni di sostituti del pasto o prodotti detox. Eppure laddove gli influencer hanno la capacità di trasmettere in modo comunicativo e immediato consigli alimentari spesso inadeguati, sembra mancare un’informazione precisa ed efficace in fatto di alimentazione.

La stessa Ruggeri pone l’accento sulla difficoltà delle istituzioni di comunicare con gli adolescenti: “È ancora difficile per noi trovare spazi e linguaggi adeguati per un’informazione a misura dei ragazzi sugli argomenti che riguardano l’alimentazione al fine di contrastare in qualche modo gli influencer che molto spesso diffondono un modello di ragazza e ragazzo perfetto. Sarebbe importante riuscire a raggiungere soprattutto quei giovani che, pur non avendo sviluppato un disturbo dell’alimentazione durante la pandemia, hanno manifestato un comportamento alimentare disordinato causato da una vita non più cadenzata dai ritmi della scuola e dello svago con gli amici”.

Al via le prime somministrazioni presso l'hub vaccinale multi-aziendale presso La Lucente (Modugno), allestito nell'ambito del progetto Vax4Job promosso da Confimi Industria Bari – Bat- Foggia

Al via le prime somministrazioni presso l'hub vaccinale multi-aziendale presso La Lucente (Modugno), allestito nell'ambito del progetto Vax4Job promosso da Confimi Industria Bari – Bat- Foggia. Il Governatore Michele Emiliano ha visitato il nuovo centro per le vaccinazioni in occasione dell'avvio della campagna: "Un gesto molto utile e simbolico - ha commentato - perché una campagna vaccinale è un atto civico dove ognuno deve svolgere il suo ruolo". L'assessore Lopalco: "Finita l'emergenza potrebbe tornare utile per altre vaccinazioni."
Il progetto vede le imprese del barese fare la propria parte nel contrasto alla pandemia, essere vicini alla propria regione e, soprattutto, salvaguardare concretamente la salute dei propri dipendenti e collaboratori. Nei prossimi giorni le vaccinazioni continueranno a ritmo serrato, grazie anche alla sede che può accogliere oltre 500 vaccinazioni al giorno in virtù degli 800 mq di area interna.
Il progetto VAX4JOB è stato promosso da Confimi Industria Bari-Bat-Foggia e ImpresapiùImpresa (Associazione di Imprese Area ASI Bari), con il sostegno economico e finanziario de La Lucente s.p.a., TECNOACCIAI, INDECO e Gruppo Turi e il supporto organizzativo e operativo di Serbari, Network Contacts, Anpas e Pubblica Assistenza AVPA Castellana Grotte.

L’Agricoltura 4.0, il futuro è già iniziato

L'Agricoltura 4.0 sorge come evoluzione dell'Agricoltura di Precisione (AP), il primo sistema di produzione agricola che ha iniziato ad utilizzare tecnologie satellitari come il GPS (Global Positioning Sensors) ed il GIS (Geographic Information Systems) per georeferenziare le informazioni rilevate in campo in termini di caratteristiche fisiche e chimiche del terreno e di produttività delle colture attraverso rilevatori di resa montati sui trattori. Com'è noto, successivamente all'elaborazione delle immagini satellitari, grazie ad un sistema di supporto decisionale risulta disponibile un output capace di orientare sulle decisioni da prendere nella gestione delle lavorazioni del terreno, dell'impianto, del diserbo, della fertilizzazione e dell'irrigazione delle colture, nonché delle pratiche di difesa da insetti e patogeni. L’Agricoltura 4.0, è andata oltre grazie all’aiuto di satelliti ancora più sofisticati e numerosi, nonché di sensori applicati in vicinanza delle piante e sulle attrezzature agricole, avvalendosi anche dei droni che contribuiscono a raccogliere più da vicino dati sulla fertilità e l'umidità dei terreni e sullo stadio nutrizionale, idrico e di salute delle colture; in pratica, risulta possibile stabilire in modo molto più esatto e razionale in quale punto dei campi è necessario distribuire i fertilizzanti ed in che dosi, sia prima che durante la coltivazione, calcolare i volumi irrigui ed individuare i momenti più opportuni per la loro distribuzione, evitando sprechi. I droni di ultimissima generazione, poi, permettono di individuare tempestivamente le zone dei campi in cui stanno iniziando degli attacchi parassitari ed addirittura mediante delle micro pompe irroratrici di cui sono dotate consente di irrorare in modo localizzato gli agrofarmaci al fine di distruggere i focolai sul nascere, impedendo che insetti dannosi e/o funghi patogeni si espandano in tutto il campo, con un grosso risparmio a livello di impatto ambientale ed economico. Ultimamente, poi, si stanno studiando opportunità simili anche per controllare le erbe infestanti. Inoltre, i droni sono attrezzabili anche per aiutare nella determinazione del grado di maturazione dei frutti, e quindi del momento più opportuno per la raccolta. Ma il sostegno più importante a tutto il sistema 4.0 viene da modernissime tecnologie digitali come lo IoT (Internet of Things o Internet delle Cose), ovvero l’uso della rete allo scopo di interconnettere in maniera sinergica le tecnologie stesse, grazie a nuovi tipo di software che permettono la circolazione e l’accesso ai Big Data, vere e proprie raccolte di dati anche extra-aziendali, ma funzionali agli scopi della produzione e della trasformazione, come anche per la collocazione sui mercati dei prodotti agricoli; in particolare, lo IoT consente l’integrazione dei dati delle attività di campo con quelli di altri processi che afferiscono all’azienda agricola nel suo complesso. Quindi quella denominata 4.0 è un’agricoltura legata ad Internet, in inglese Internet of farming, che consente l’utilizzo interconnesso di diverse tecnologie finalizzate a migliorare resa e sostenibilità delle coltivazioni, qualità produttiva e di trasformazione, le condizioni di lavoro, come pure la tracciabilità della filiera dal campo al confezionamento, in quanto è tenuto sotto controllo ogni passaggio dei processi di produzione mediante anche la tecnologia Blockchain, ovvero la tecnologia 'a catena di blocchi', consistente nella registrazione e nella tracciabilità in tempo reale di ogni passo della storia del singolo prodotto agricolo, dalla coltivazione nei campi alla lavorazione nelle aziende agricole, fino allo stoccaggio del prodotto nei punti vendita, ognuno dei quali costituisce appunto un blocco a se stante.

Attualmente In Italia solo il 3-4% della superficie agricola viene coltivata con strumenti 4.0. Intanto sono oltre 200 le imprese del comparto in grado di offrire più di 300 soluzioni in termini di IoT, robotica, droni, data analysis, macchine e attrezzature per il campo, impiegabili trasversalmente nei comparti cerealicoli, ortofrutticoli e vitivinicoli. E' perciò ovviamente prevedibile che sempre più alta sarà la richiesta di personale altamente qualificato, in grado di lavorare e di gestire l’Internet of farming, anche per soddisfare gli obiettivi del ‘New green deal’ (UE ad impatto climatico zero entro il 2050) e della ‘Farm to fork’ (alto livello di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante); a riguardo, nella nuova PAC sono previsti ben 10 miliardi di euro da destinare a ricerche sui temi dei Big Data nell'Agricoltura 4.0. Essenziale sarà pertanto l'utilizzo di parte di questi fondi per incrementare l'offerta formativa, per ora limitatissima in quanto è uno solo il Master universitario di primo livello in Agricoltura 4.0 iniziato nel 2020 nell’Università di Teramo, mentre sono tre i corsi di Laurea Magistrale in Agricoltura di Precisione nelle Università di Milano, di Sassari e nella Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Un'ultima considerazione riguarda l'estrema necessità di approvare un marchio che ben identifichi tutti i prodotti ottenuti mediante il sistema dell'Agricoltura 4.0; in questo modo, avvicinando il proprio smartphone al QR Code presente sul prodotto i consumatori potranno facilmente verificarne in totale trasparenza la provenienza, le proprietà organolettiche e l'intera filiera agroalimentare, venendo a conoscenza di tutte le reali informazioni raccolte sulla timeline lungo il processo di lavorazione, utli anche per sceglierli secondo motivi etici e sostenibili. 

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