Skip to main content

Richiamati sei lotti di semi di sesamo e corpo estraneo in panini dalla Francia

Nella settimana n°43 del 2020 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rassf) sono state 110 (14 quelle inviate dal Ministero della salute italiano).

L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende 9 casi: sostanza non autorizzata (ossido di etilene) in semi di sesamo dall’India, attraverso il Belgio (marca: Salliselta; la confezione da 400 g, lotto 318045, EAN: 6436501000883; e la confezione da 5 kg, lotto 318045, EAN: 6436501003570); sostanza non autorizzata (ossido di etilene) in altri quattro lotti di semi di sesamo dall’India; mercurio in pesce spada (Xiphias gladius) refrigerato, dalla Francia, con materia prima dalla Spagna; mercurio in tonno rosso dell’Atlantico (Thunnus thynnus), proveniente dalla Spagna; sostanza non autorizzata (ossido di etilene) in semi di sesamo utilizzati in vari prodotti da forno, provenienti dalla Francia; presenza di corpo estraneo in panini dalla Francia.

Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: cadmio in calamari indiani (Uroteuthis duvauceli) cotti e congelati, dalla Thailandia; lesioni istologiche dovute al congelamento per pesce persico del Nilo (Lates niloticus), congelato, proveniente dall’Uganda; mercurio in lombi di pesce spada (Xiphias gladius) refrigerati, dalla Spagna, attraverso la Francia; corpo estraneo (pietra) in polpa di pomodoro in succo e concentrato di pomodoro dall’Italia.

Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: mercurio in fette di pesce spada (Xiphias gladius), congelate, dalla Spagna; scarso controllo della catena del freddo per calamari congelati, dal Marocco; presenza di tossina di Shiga, prodotta dal gruppo Escherichia coli, in carne bovina disossata congelata proveniente dal Brasile; uso non autorizzato del colorante E127 – eritrosina in una bevanda analcolica dalla Tailandia; aflatossine (B1) in arachidi dalla Cina; aflatossine (B1) in pistacchi sgusciati, provenienti dall’Iran, spediti dalla Turchia; mercurio in fette e filetti di tonno rosso dell’Atlantico (Thunnus thynnus), refrigerati, dalla Spagna.

Bere alcol non aiuta a scaldarsi

Bere alcol aiuta a scaldarsi? La risposta è: no. Lo spiega bene l’Istituto superiore di sanità dicendo che si tratta di una sensazione temporanea e cutanea, avvertita solo in superficie. L’effetto “calore” si avverte perché l’alcol è un potente vasodilatatore ma, subito dopo averlo ingerito, provoca una reazione del tutto contraria al riscaldamento. I vasi sanguigni superficiali si dilatano, il sangue scorre più facilmente a livello superficiale e delle estremità (mani, piedi, viso…), la  pressione corporea, dopo un primo innalzamento, si abbassa e il calore si disperde all’esterno (ipotermia). Dopo aver bevuto alcolici, quindi, la dilatazione dei vasi sanguigni non solo dura poco, ma fa sì che il corpo, disperdendo calore all’esterno, si raffreddi più velocemente .

Ė ancora più pericoloso assumere alcol in caso di freddo intenso, quando si è esposti a basse temperature per lunghi periodi o se si è in un ambiente non riscaldato. L’assunzione di bevande alcoliche, abbassando la temperatura corporea, provoca uno stato di torpore per cui ci si addormenta più facilmente, aumentando di conseguenza il rischio di congelamento. Ciò spiega perché tanti alcolisti “senza tetto” muoiano assiderati.

Per proteggersi dal freddo e cercare di mantenere costante l’equilibrio termico, il nostro corpo ha bisogno di attivare il meccanismo contrario: la vasocostrizione. Grazie ad essa, i vasi sanguigni si restringono, la circolazione sanguigna sulla superficie cutanea rallenta, il flusso di sangue si sposta verso gli organi interni importanti (cuore, cervello, polmoni, fegato) diminuendo la perdita di calore verso l’esterno. Ė dunque tutto ciò a determinare una situazione di maggior benessere termico, non l’alcol !

“Il cibo è il miglior vaccino contro il caos” parola di Premio Nobel

«Sentiti ringraziamenti al Comitato dei Nobel per aver onorato il Wfp con il premio per la pace. Questo ricorda in maniera potente al mondo che pace e zero fame vanno di pari passo». Così in un tweet il Programma alimentare mondiale ha ringraziato l'organizzazione norvegese per il prestigioso premio ricevuto. Ci riflettevo nel fine settimana, complice una piovosa e grigia giornata autunnale. E l'assegnazione del Nobel per la Pace al World Food Programme ha senz'altro stuzzicato la mia curiosità e la voglia di approfondire.

Un'organizzazione mondiale che distribuendo cibo, fornisce prospettive di vita migliore, supporto - anche finanziario - a piccole comunità o famiglie che solo tramite questo aiuto riescono a sopravvivere agli eventi che ogni giorno le minacciano. Un’organizzazione umanitaria – la cui sede abbiamo l'onore di ospitare nel nostro paese - supporta oggi circa 100 milioni di persone in 88 diversi paesi in difficoltà.

Ho ascoltato le dichiarazioni del presidente del WFP e sono stato colpito dalla scelta attenta delle parole, un discorso equilibrato, pensato e misurato in ogni parola per non urtare la suscettibilità dei sistemi politici che governano i paesi coinvolti nelle attività del WFP tantomeno dei paesi finanziatori.

Mi è chiaro che questo sia un programma “di emergenza”, volto a colmare le mancanze di alcuni Paesi, soprattutto nei continenti più popolosi come Africa e Asia, che per vicissitudine storiche, incapacità di programmazione, crisi economiche, sanitarie e governative o ancor più a causa di eventi straordinari - come siccità e inondazioni - non riescono a supportare le proprie popolazioni.  

Un'organizzazione sempre più necessaria in quanto decennio dopo decennio le crisi si fanno sempre più acute.

Crisi planetarie che sono, a mio avviso, “punte di iceberg” che stigmatizzano i gravi problemi che affliggono l’umanità. Raggiunti ormai i 7 miliardi di abitanti e uno sviluppo tecnologico impressionante, cresciuto rapidamente fin dal secolo scorso, il pianeta terra mal sopporta questo primate così aggressivo e invadente che sta velocemente compromettendo l'equilibrio ambientale, il clima e la sua stessa sopravvivenza.

Non mi soffermerò oltre sulle cause di questa deriva, vorrebbe dire addentrarsi nella sfera politica, religiosa, sociale dei vari paesi, un complesso aggrovigliato di equilibri che a fatica regolano il vivere quotidiano di tutti noi.

Vorrei tuttavia limitarmi a una breve riflessione sulla produzione degli alimenti che, con l'incremento della popolazione mondiale e il miglioramento degli standard di vita di un’importante parte di essa, deve necessariamente essere incrementata, mese dopo mese, a scapito di ecosistemi naturali già oggi in precario equilibrio.

Riflessioni oggi all'ordine del giorno ma che non rientravano negli interrogativi di politici e governi della mia gioventù, impegnati nel fronteggiare gli ultimi fuochi della guerra fredda o l’estremismo politico che ferocemente mieteva vittime nel nostro paese.

Al tempo – ma praticamente ieri – la disponibilità di risorse e derrate alimentari sembrava essere infinita: bastava destinare alle culture qualche migliaio di ettari in più e con l'utilizzo di fertilizzanti e della chimica in generale si garantiva un surplus di produzione.

Il gioco era fatto e il meccanismo rispondeva esattamente alle richieste del ricco consumatore occidentale che pretendeva prodotti sempre più piacevoli e ricchi ma a scapito dei delicati equilibri naturali del nostro pianeta  Ne sono un buon esempio l'olio di palma, non molto costoso ma prezioso per dare quel tocco in più a biscotti o creme al cacao o i pregiati tagli di carne bovina che hanno dato il via a un incredibile aumento di allevamenti in ogni parte del mondo.

Per contro, in alcuni contesti, erano gli stessi sistemi politici che regolavano – limitandolo - il consumo di alimenti pregiati.  Per non cadere nel “già sentito”, facendo appello alla memoria collettiva di chi come me in quegli anni ne ha avuto esperienza diretta, penso alle politiche di export alimentare dei Paesi dell’est Europa: ricordo in Romania allevamenti di polli di cui agli autoctoni rimanevano solo ali e zampe mentre “petto e coscia” volavano oltre confine per fare cassa. Pochi anni fa, eppure era un altro mondo: eravamo 4 miliardi di persone e probabilmente poco attente agli effetti collaterali.

Oggi la dimensione e la consapevolezza delle complessità legate al tema della fame nel mondo sono differenti. Alcune problematiche poi ci stanno letteralmente esplodendo sotto i piedi. Prendiamo la produzione di cereali: oggi è abbondante, quasi da record, ma ricordate il 2011 e il 2012? Una combinazione di fattori, tra cui una terribile diffusa siccità, portarono pericolosamente a una riduzione delle scorte mondiali di grano. L'immediata conseguenza? Un prezzo che in pochi mesi aumentò del 250% gettando scompiglio in tutti i paesi e generando non poche crisi aziendali, colpendo, ad esempio, i produttori di pasta.

È ormai certo che i consumatori più consapevoli premiano le aziende che tendono a rispettare maggiormente l'ambiente, preferendole a quelle che rilasciano nell'atmosfera o nel sottosuolo ogni genere di residuo o di quei prodotti la cui fabbricazione ha contribuito a deforestare aree immense del pianeta. Consapevolezza che sembra oggi fare breccia in fasce sempre più ampie di cittadini e da un importante contributo, anche se indiretto, alla soluzione del nostro problema. Direzione che noi produttori non possiamo ignorare.

Dunque, dove stiamo andando? Proprio progettare e indicare la direzione è il ruolo delle migliaia di piccole e medie imprese alimentari. 

Il Governo Conte ha oggi importanti risorse, una nuova e ingente disponibilità d’investimento effetto della grave crisi provocata dal Coronavirus, fondi che ci aspettiamo – come ci viene ripetuto da mesi - siano investiti per la crescita e l’ammodernamento del paese, “una svolta epocale” che vogliamo vedere tradotta in realtà.

Noi non siamo multinazionali con grandi risorse e centri di ricerca che impiegano centinaia di tecnici ma siamo per definizione intuitivi, flessibili, abituati al cambiamento e dobbiamo agire stando in prima fila, insieme agli altri asset del paese. Vedo con chiarezza che innovazione tecnologica, rispetto dell’ambiente, sostegno alle popolazioni piegate dalle difficoltà non sono altro che segmenti di un'unica strada che l’umanità deve percorrere per superare anche questo secolo.   Pietro Marcato Presidente  Confimi Industria Alimentare 

COVID NON FERMA LE VENDITE VINO MADE IN ITALY NEGLI USA (+2,3%)

Il Covid-19 ha modificato l’approccio al consumo di vino negli Stati Uniti ma non ne ha depresso la domanda. Volano i consumi al di fuori dei luoghi di acquisto e ancora di più le vendite on-line, che compensano in buona parte il gap riscontrato nei locali (bar e ristoranti). L’Italia in questo quadro approfitta dei dazi aggiuntivi applicati ai principali competitor per allungare notevolmente su una Francia sempre più difficoltà.
Lo rileva Veronafiere, con gli ultimi dati doganali elaborati dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor per wine2wine e con il web-focus sugli effetti del Covid sul vino italiano.
 


Italia sempre più protagonista nelle vendite di vino negli Stati Uniti; Francia sempre più tramortita dai dazi aggiuntivi. Secondo gli ultimi dati doganali elaborati dall'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitori per wine2wine, nei primi 8 mesi di quest’anno l’Italia ha infatti recuperato oltre 370 milioni di euro sullo storico competitor d’Oltralpe e chiude l’estate con un ulteriore allungo a 1,16 miliardi di euro di vendite (+2,3% sul pari periodo 2019), contro una Francia mai così in basso e un trend in rosso del 25,7% (998 milioni di euro).
Lo scenario, esattamente invertito rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è influenzato più dai dazi aggiuntivi che dal Covid-19. Basti pensare come oltre al -25,7% a valore della Francia – con i vini fermi a -32,5% –, anche Spagna (-11,8%) e Germania (-34,4%) registrano cali pesanti, che contribuiscono in maniera decisiva alla contrazione complessiva dell’import di vino statunitense sul periodo (-10,5%).
 


Vola l’e-commerce a partire dai grandi aggregatori di vendite online, come riscontrato nel seminario Vinitaly-wine2wine da Heini Zachariassen, fondatore della principale app enologica al mondo, Vivino: «In questi mesi abbiamo assistito agli incrementi di acquisto più forti di sempre da parte dei nostri 46 milioni di utenti, con crescite in tripla cifra nei 5 mesi di emergenza. Nel periodo – ha proseguito – abbiamo registrato un punto di svolta per i fine wine italiani, soprattutto per i rossi toscani, l’Amarone e il Brunello di Montalcino».

L’AGROALIMENTARE ALLA SFIDA DELL’EXPORT PER IL RILANCIO DELLE IMPRESE

Un sistema integrato di promozione del made in Italy che potrà contare su Ambasciate, Istituti di Cultura e ICE (Istituto per il Commercio Estero) e tante linee di finanziamento in grado di supportare le imprese che vorranno esplorare i mercati internazionali. Questo è lo scenario delineato durante il convegno “Fatto in Italia, richiesto nel mondo: l’export che ci rende eccellenti” organizzato dall’associazione “Il Chiostro per la trasparenza e professionalità delle lobby” presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con la partecipazione del Sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano, e del Sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L’Abbate. Uno scenario che il patrimonio agroalimentare nazionale dovrà essere in grado di sfruttare pienamente per continuare il trend positivo che non si è arrestato neppure durante il blocco forzato dovuto all’emergenza Covid-19. Nel primo semestre 2020, infatti, l’export agroalimentare made in Italy ha raggiunto 221,1 miliardi di euro, in progressione del 3,5% su base annua, pari all’11% dell’esportazione complessiva di beni e servizi. Risultati positivi che spingono il Governo a sostenere con ancor più decisione le politiche di supporto alle esportazioni.
“Accanto alle diverse linee di finanziamento e alle ingenti risorse messe a disposizione delle imprese italiane con il Patto per L’Export – ha dichiarato il Sottosegretario Di Stefano – il nostro impegno mira a garantire una attenzione ancora maggiore alle attività diplomatiche sul versante tecnico e su quello promozionale. In questo contesto, si inserisce la novità dei 6 esperti agricoli all’interno delle Ambasciate dove vi sono maggiori necessità di questi profili per accompagnare le imprese agricole ed agroalimentari nelle esportazioni”.
L’ultima Legge di Bilancio ha potenziato il contingente di esperti presso le sedi diplomatiche italiane nel mondo e, su suggerimento del MIPAAF, sono stati individuati anche 6 esperti agricoli che opereranno presso le Ambasciate italiane a Londra, New Delhi, Brasilia, Tokyo, Washington e Pechino, ovvero dove è emersa maggiore necessità da parte del comparto agroalimentare.
“Un ulteriore strumento è poi quello del portale Export.gov.it che fornisce un quadro chiaro, attraverso step semplici e intuitivi, alle piccole e medie imprese permettendogli di venire a conoscenza sia dei fondi a disposizione sia dei possibili mercati di interesse rispetto al proprio settore commerciale e alle proprie produzioni” – ha proseguito il Sottosegretario Di Stefano.
“Ringrazio il Sottosegretario Di Stefano per aver accolto la richiesta del comparto agroalimentare, di cui mi sono fatto portavoce, potenziando con questo primo contingente di esperti agricoli le nostre Ambasciate – ha dichiarato il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate – Il comparto agroalimentare ha dimostrato tutta la sua strategicità durante il lockdown. Ora è fondamentale che le nostre imprese non perdano questa stagione di grande impegno sulle esportazioni. È necessario ragionare come Sistema Paese, con le Istituzioni e l’imprenditoria che sappiano dialogare e collaborare in maniera sinergica per comuni obiettivi. In alternativa, l’Italia rischia di non essere in grado di vincere le sfide future”.

Presenza di aflatossine M1 nel latte: richiamati nove lotti di formaggi freschi e latticini del Caseificio Pascoli

Il ministero della Salute ha pubblicato il richiamo di diversi formaggi freschi e latticini del Caseificio Pascoli per il rischio chimico derivante dalla presenza di aflatossine M1 nel latte. Sono interessati nove lotti di prodotti tra squacquerone, squacquerone di Romagna Dop, ricotta di siero, nuvola di latte, bucciatello del Rubicone, bazzotto di Romagna semitenero e casatella venduti in diversi formati e grammature:

  • Squacquerone, lotto SR111/3B/02 con scadenza 16/10/2020 in vaschette da 2×800 g;
  • Squacquerone di Romagna Dop, lotto SR111/1/02 con scadenze 16/10/2020, 17/10/2020 e 18/10/2020 in vaschette da 350 g, 800 g, 2×800 g e 4×800 g;
  • Squacquerone di Romagna Dop, lotto SR111/2/02 con scadenze 14/10/2020, 15/10/2020, 16/10/2020 e 17/10/2020 in vaschette da 300 g, 350 g, 800 g e 2×800 grammi;
  • Squacquerone di Romagna Dop, lotto SR111/3/02 con scadenze 16/10/2020, 17/10/2020 e 18/10/2020 in vaschette da 350 g, 800 g e 2×800 grammi;
  • Ricotta di siero, lotto SR111/6/02 con scadenze 11/10/2020, 17/10/2020, 18/10/2020, 20/10/2020 e 21/10/202 in forme intere;
  • Nuvola di latte, lotto SR111/5/02 con scadenza 15/10/2020 in forme intere;
  • Bucciatello del Rubicone, lotto SR111/4/02 con scadenza 20/10/2020 e 23/10/2020 in forme intere;
  • Bazzotto di Romagna semitenero, lotto SR111/2B/02 con scadenza 20/10/2020 e 22/10/2020 in forme intere;
  • Casatella, lotto SR111/1C/02 con scadenza 16/10/2020, 17/10/2020 e 18/10/2020 in vaschette da 300 g, 350 g, 800 g e 2×800 grammi.
  • I formaggie i latticini richiamati sono stati prodotti da Caseificio Pascoli Srl nello stabilimento di via Rubicone Dx 220, a Savigliano sul Rubicone in provincia di Forlì-Cesena (marchio di identificazione IT08-550CE).
  • A scopo precauzionale si raccomanda di non consumare i formaggi e i latticini con i numeri di lotto segnalati e restituirli al punto vendita d’acquisto.
Save
Cookies user preferences
We use cookies to ensure you to get the best experience on our website. If you decline the use of cookies, this website may not function as expected.
Accept all
Decline all
Analytics
Tools used to analyze the data to measure the effectiveness of a website and to understand how it works.
Google Analytics
Accept
Decline