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Spesa made in Italy per 82% italiani

L’82% dei consumatori privilegia nel carrello i prodotti tricolore per sostenere l’occupazione e l’economia nazionale in un momento particolarmente difficile per il Paese. E’ quanto emerge da una indagine Ixe’ divulgata in occasione dell’Assemblea della principale organizzazione Europea degli agricoltori. Parecchie associazioni agricole ed agroalimentari sono impegnate nella mobilitazione #MangiaItaliano per favorire l’economia nazionale nei mercati, nei ristoranti, negli agriturismi con il coinvolgimento di numerosi volti noti della televisione, del cinema, dello spettacolo, della musica, del giornalismo, della ricerca e della cultura, ma anche di industrie alimentari e distribuzione commerciale rappresentate in Filiera Italia. L’estensione dell’obbligo di etichette con l’indicazione del Paese d’origine degli alimenti è una vittoria per 1,1 milioni di cittadini europei che hanno firmato l’iniziativa dei cittadini europei (Ice) “Eat original! Unmask your food” promossa da molte organizzazioni italiane (ed europee, da Solidarnosc a Fnsea) è stato un un successo che ha portato un numero sempre crescente di Paesi a sostenere l’esigenza di una maggiore trasparenza dell’informazione ai consumatori sui cibi che acquistano. Ora l’obiettivo è quello di estendere l’etichetta anche ai prodotti ortofrutticoli trasformati, dai succhi di frutta alle marmellate ma anche legumi in scatola senza dimenticare l’esigenza di arrivare anche nei ristoranti ad indicare la provenienza della carne e del pesce serviti a tavola. L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza alimentare in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello Ue il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

Recovery fund, un piano per l’agroalimentare

Recovery fund: all'Italia andranno 209 miliardi, 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti, pari al 28% dell'intera somma.

I fondi arriveranno nel 2021, ma il 10% dei sussidi, più o meno 8 miliardi potranno essere anticipati e finanziare progetti già avviati. L'Italia dovrà indicare le riforme che intende realizzare tenendo conto delle raccomandazioni Ue che tra le altre cose indicano di rivedere pensioni, lavoro, giustizia, Pubblica amministrazione, sanità e istruzione. Ora si tratta di riuscire a combinare le misure d'emergenza con le strategie per il futuro.
Per l'agricoltura, con le risorse che arriveranno, servirà un piano per rilanciare l'economia e la produzione in base ai nuovi bisogni della popolazione. Un piano che dovrà far parte del Recovery plan che il Governo scriverà, e che non dovrà essere soltanto economico ma anche e soprattutto sociale e sostenibile. Il Recovery fund è la prima opportunità. Così come la Pac che su 600 miliardi di aiuti proverà a farne arrivare soltanto il 20% ai piccoli e medi produttori.

Ora "abbiamo maggiori opportunità grazie all'accordo sul Recovery fund. Abbiamo risorse importanti e l'Italia deve dimostrare di meritarsele, attraverso una visione del sistema paese. Questa è la sfida che abbiamo davanti - ha osservato la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova - per quanto riguarda il nostro settore, abbiamo l'opportunità di rispondere a bisogni concreti progettando il futuro. Se sarà necessario troveremo le risorse per aumentare i fondi. Ora, come non mai ci vuole coraggio, visione e determinazione. Serve uno sforzo particolare per il Mezzogiorno e la zootecnia deve essere un settore nel quale si può fare di più e meglio”.


L'Italia si ritrova in una situazione unica: la Bce che compra debito a pieno ritmo, l'Europa che decide di destinare risorse consistenti, il patto di stabilità sospeso, lo scostamento di bilancio per una nuova manovra da 25 miliardi. Ci sono risorse per “decidere” il paese che si vuole          costruire, necessario un piano per l’agroalimentare che guardi almeno ai prossimi venti anni.

Ortofrutta: con embargo russo e brexit persi 21% export

Sono diminuite del 21% le esportazioni di ortofrutta pugliese in Germania, Regno Unito e Russia, nei primi 3 mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, come effetto della Brexit e dell’embargo russo, trend negativo già registrato nel 2019 che si è aggravato a causa del Covid.

Per sostenere le esportazioni, la crescita e le nuove opportunità di lavoro occorre investire sulla competitività del Made in Italy a partire dall’apertura a nuovi mercati esteri e dal superamento delle grandi difficoltà create dall’embargo russo, un mercato di 150 milioni di abitanti che non consumano prodotto made in Italy, attraverso l’avvio di un progetto “Ortofrutta italiana” attraverso il quale vengano  sponsorizzati i prodotti a marchio Italia sui mercati europei e non, così come sta facendo la Spagna e la Francia. Il settore ortofrutticolo non ha beneficiato dell'esonero per i primi sei mesi 2020 dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro e oggi alla luce delle evidenti difficoltà causate dal periodo di incertezza causate dal Covid, vanno pensati e adottati provvedimenti e strumenti urgenti ed essenziali per dare liquidità e sostegno agli operatori della filiera ortofrutticola pugliese. Le esportazioni dell’agroalimentare pugliese in Russia hanno perso oltre 160milioni di euro in 5 anni, a causa dell’embargo totale sancito dalla Russia con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, mentre le esportazioni di ortofrutta pugliese in Germania sono crollate del 10% nei primi 9 mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018, su valori stimati pari a circa 201 milioni di euro. Un motivo di forte preoccupazione degli operatori in Germania dove si consuma quasi 1/3 dell’ortofrutta Made in Italy esportata.

Crack ristoranti costa 150mln in cibi e vino

Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare regionale con una perdita di fatturato di almeno 150 milioni di euro per i mancati acquisti in cibi e bevande sole nell’estate 2020. E’ quanto emerge da una stima di Coldiretti Puglia nel sottolineare che i consumi extradomestici per pranzi e cene fuori casa sono previsti in calo del 40% durante i mesi di luglio, agosto e settembre per l’emergenza Coronavirus.

Una drastica riduzione dell’attività che si trasferisce sulla mancata vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. 

Primo fra i prodotti in difficoltà il vino: la lenta ripresa di ristoranti e alberghi era un appuntamento molto atteso dagli operatori di un settore dal quale nascono, dalla vigna alla tavola, prodotti apprezzati ed esportati in tutto il mondo, con un risvolto occupazionale importante. Il ‘Puglia Igt’ ad esempio crea 16,5 milioni ore di lavoro all’anno, con un altro vitigno pugliese al decimo posto della top ten nazionale, il Castel Del Monte Doc, con 9,4 milioni di ore lavorate nella provincia di Bari.

A pesare oltre alla crisi economica e alla diffidenza tra gli italiani è soprattutto la mancanza del turismo dall’estero con oltre 16 milioni di cittadini stranieri in vacanza in Italia nel 2019 durante i mesi di luglio, agosto e settembre che quest’anno rischiano di essere praticamente azzerati dalle preoccupazioni e dai vincoli resi necessari per affrontate l’emergenza coronavirus.

La crisi del turismo non risparmia neppure la Puglia con 800mila vacanzieri in meno, 3mila aziende chiuse e circa 7 mila posti di lavoro persi, con una lenta ripresa delle prenotazioni degli italiani verso le alternative preferite in questo periodo, il mare e la campagna con gli agriturismi che garantiscono distanze di sicurezza in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto, a tavola e con ampi spazi all’aperto, luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche, mentre manca all’appello l’importante fetta del turismo straniero, a partire dai vacanzieri statunitensi, europei e giapponesi.

Si tratta di un vuoto pesante che non viene purtroppo compensato dalla svolta patriottica degli italiani che per il 93% ha scelto di trascorrere le vacanze in Italia, la percentuale più elevata da almeno 10 anni secondo analisi Coldiretti/Ixe’ dalla quale si evidenzia che sono 34 milioni i cittadini del Belpaese che hanno deciso di andare in ferie per almeno qualche giorno nell’estate 2020, con un calo del 13% rispetto allo scorso anno.
L’estate senza turisti stranieri impatta sull’intero indotto turistico a partire dall’alimentazione che in Italia pesa circa 1/3 dell’intero budget delle vacanze dei turisti per i pasti nei ristoranti ma anche per l’acquisto di souvenir. Ai danni diretti si aggiungono quelli indiretti perché viene a mancare l’effetto promozionale sui prodotti Made in Italy all’estero con i turisti stranieri che continuano a ricercali una volta tornati nei paesi di origine determinando una spinta all’export nazionale.

L’Italia infatti è leader mondiale incontrastato nel turismo enogastronomico grazie al primato dell’agricoltura più green d’Europa con 303 specialità ad indicazione geografica riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole biologiche e la piu’ grande rete mondiale di mercati di agricoltori e fattorie.

Eccesso di vitamina D3 in integratore dalla Spagna… Ritirati dal mercato europeo 53 prodotti

Nella settimana n°30 del 2020 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 53 (2 quelle inviate dal Ministero della salute italiano).

L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende tre casi: istamina in sgombro occhione (Scomber japonicus) congelato, dalla Cina, attraverso i Paesi Bassi; sospetto di intossicazione alimentare (ipercalcemia) causata da un contenuto troppo elevato di vitamina D3 (2.612,7 mg / die) in integratore alimentare, dalla Spagna; Salmonella enterica (ser. Enteritidis) in carne di pollo separata meccanicamente (MSM), congelata, dalla Spagna.

Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: Listeria monocytogenes in mazzancolle tropicali (Litopenaeus vannamei), cotti e refrigerati, dalla Spagna, con materie prime dal Venezuela.

Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: uso non autorizzato del colorante E 110 – Giallo tramonto FCF in mix di noci dalle Filippine. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato l’Austria segnala nuovo alimento (novel food) non autorizzato (Artemisia annua); il Belgio segnala un’allerta per la presenza di micotossine (fumonisine) in farina di mais biologica Vajra della marca Demeter confezionata in Belgio, con materie prime provenienti dall’Italia (venduta in sacchetto di carta; Peso: 500 g; Lotto: 0420/260520; Data di scadenza 05/01/2021); la Slovenia segnala contenuto di zinco troppo elevato in alimenti dietetici completi per cani.

Birra: produzione, consumi ed export ai massimi storici

Per il sesto anno consecutivo il comparto italiano della birra si conferma in ascesa: aumentano i consumi interni, l’export, la produzione (negli ultimi 10 anni ha visto un incremento di 5 milioni di ettolitri) e il valore generato lungo tutto la filiera brassicola (con oltre 3.300 posti di lavoro in più rispetto all’anno precedente tra addetti diretti e indiretti, per un totale di oltre 144.000 occupati). È questa, in estrema sintesi, la fotografia di AssoBirra, l’associazione rappresentativa di più del 90% della produzione nazionale e del 71% di birra immessa al consumo in Italia, a margine della presentazione dell’annual report 2019. Secondo i dati di AssoBirra, nel 2019 la produzione di birra in Italia ha superato i 17,2 milioni di ettolitri (+5% vs 2018), stabilizzandosi al 9° posto in Europa, con un’incidenza del 4,5% sul totale realizzato nel continente. L’incremento della produzione ha riguardato l’intero comparto, compresi i piccoli produttori (circa 850 strutture in Italia). È record storico sul fronte dei consumi interni, che superano la quota dei 20 milioni di ettolitri (+2,6% vs 2018, mentre 34, 6 litri è la quota annua pro capite). Ma non finisce qui perché il vero boom riguarda l’export: dopo il grande balzo del 2018, anno in cui il valore aveva raggiunto +6,6% sul 2017, i volumi esportati nel 2019 si sono avvicinati ai 3,5 milioni di ettolitri (+13%). Soprattutto verso i Paesi a forte tradizione birraria, come il Regno Unito (ben il 46% del totale), gli Stati Uniti (9,7%) e l’Australia (8%). Nonostante le brillanti performance, il settore è stato duramente colpito dall’emergenza Covid, soprattutto l’on-trade (il canale Horeca e tutto il mondo del fouricasa), mentre l’off-trade (la distribuzione moderna), seppur con segni negativi, ha mantenuto una certa stabilità: a ulteriore dimostrazione che la birra è di fatto entrata nella lista della spesa quotidiana di milioni di italiani
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