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Confimi Industria Alimentare Puglia: firmato protocollo d’intenti con FIR Onlus

Firmato un protocollo d’intenti fra Fondazione Italiana del Rene Onlus (FIR Onlus) e Confimi  Industria Alimentare  Puglia,  un accordo Quadro Strategico di collaborazione che verrà realizzato attraverso tutte le forme e le procedure di volta in volta ritenute utili al perseguimento degli obiettivi condivisi . Obiettivo principale promuovere una corretta alimentazione e le buone pratiche a tavola , attraverso una selezione di prodotti che si distinguono per qualità ed eticità della produzione.  Destinatari della partnership sia i consumatori (garantiti dalla qualità dei prodotti) sia i produttori stessi che saranno in grado di far emergere la maggiore qualità del loro lavoro. 

 FIR Onlus potrà mettere a disposizione di tutte le aziende associate al Sistema Confimi Industria Alimentare Puglia i propri servizi istituzionali e convenzionati e viceversa Confimi Industria Alimentare Puglia potrà mettere a disposizione di FIR Onlus tutta la propria esperienza e capacità di relazione con il Sistema delle Piccole e Medie Industrie Agroalimentari italiane. 

Il commento di Alessandro Tatone Presidente di Confimi Industria Alimentare Bari e Vicepresidente Nazionale di Confimi Industria Alimentare sul Protocollo d’Intenti FIR/Confimi Industria Alimentare Puglia:

“Siamo molto orgogliosi di questa Intesa con FIR e ringraziamo il Prof. Gesualdo per l’attenzione riservata. Con accordi di questo tipo vogliamo concretamente testimoniare l’attenzione del nostro Sistema di Imprese, in questo caso quelle Alimentari, per i temi importantissimi della prevenzione, della salute, dell’ambiente e della sostenibilità, sottolineando il valore della responsabilità sociale soprattutto delle Aziende manifatturiere. Per i consumatori di tutto il mondo ormai i principi della tracciabilita’, della certificazione, della filiera dei prodotti sono concetti imprenscindibili e le aziende, soprattutto quelle piccole e medie, vogliono farsi trovare pronte al cambiamento e cogliere tutte le opportunità di vedere riconosciuta la loro eccellenza, direi finalmente. Vogliamo accompagnare questo impegno delle nostre imprese e soprattutto poterlo raccontare come merita“.

Yogurt e similari a tutto click

Il 2020 è stato un anno gravido di conseguenze, molte problematiche e complesse, alcune drammatiche. È però importante valorizzare anche gli aspetti di crescita che il dramma della pandemia ha indirettamente prodotto. Tra i fattori positivi che hanno interessato gli ultimi 12 mesi, spicca l’aumento della digitalizzazione dei consumatori italiani, che ha avuto, e sta avendo tuttora, importanti riflessi sia sulle modalità di acquisto che sulla fruizione della comunicazione. Per quanto riguarda le vendite, si è registrato un boom degli acquisti online prima inimmaginabile per il settore Food. La crescita ha riguardato i diversi mercati in maniera più o meno significativa.  Tra i prodotti che hanno avuto i risultati migliori spiccano yogurt e similari, che hanno registrato un incremento del 130,4% a volume e del 127,1% a valore, per un totale di 23.163.538 euro. Le modalità sono state prevalentemente quelle della consegna a casa, che ha riguardato un buon 77% degli acquisti a volume e oltre il 78% a valore, ma un peso comunque significativo lo hanno occupato le vendite in modalità click and collect (5.028.140 euro), che prevedono il ritiro da parte del consumatore della spesa ordinata online. Per quanto riguarda le tipologie di prodotto preferite dai consumatori che hanno acquistato online, i trend non ricalcano esattamente l’andamento delle vendite tradizionali. Il segmento che ha rappresentato i volumi maggiori resta quello del classico yogurt intero, con quasi 2 milioni di chili venduti, ma la crescita più interessante è relativa qui ai prodotti funzionali (+147,8% a volume), mentre negli acquisti in store sono lo yogurt greco e lo skyr le categorie cresciute maggiormente (+14,8%). Sopra la media anche l’andamento dei golosi yogurt bicompartimentali, con un incremento del 131,1%, sempre a volume.La crescita più bassa della categoria, un pur ragguardevole +112,7%, ha invece riguardato i prodotti da bere, in generale penalizzati perché considerati adatti soprattutto all’uso on the go. 

Car, quale ortofrutta acquistano i romani ai tempi del covid

In tempo di pandemia i romani hanno indirizzato la loro scelta sui prodotti freschi e soprattutto su quelli apportatori di vitamine e di tutte quelle sostanze che possono contribuire ad innalzare le difese immunitarie.

Nel 2020 il Covid ha cambiato anche il mondo di fare la spesa dei romani che puntano su prodotti freschi, km0 e soprattutto ricchi di sostanze rafforzanti. Ecco i primi dati elaborati dall’Osservatorio sui consumi di CAR, che sarà presentato con il suo primo rapporto nel 2021. Il nuovo mezzo del Centro Agroalimentare Roma è stato creato con l’obiettivo di individuare, analizzare e studiare le tendenze di acquisto e di consumo dei prodotti agroalimentari dei cittadini romani.

Queste sono alcune prime anticipazioni:                                                                                            

FRUTTA - L’arancia mantiene il primato degli agrumi più richiesti, il tarocco è sicuramente la varietà più conosciuta ed acquistata, rispetto alle arance bionde, così come al Moro, Sanguinello. Fonte di vitamina C ha visto un boom di consumi casalinghi nel primo quadrimestre del 2020, in concomitanza della fase iniziale della pandemia. Seguono poi le clementine, preferite di gran lunga al mandarino, che a causa della presenza di semi viene acquistato sempre meno negli anni dai romani, nonostante abbia caratteristiche organolettiche eccellenti. Per capire meglio all’ ingrosso si acquistano 10 casse di clementine e per conto una sola di mandarino. Questo però vale fino a quando il clementino nazionale scarseggia ed il mandarino viene preferito alle clementine estere. A questi prodotti si aggiunge anche un’altra eccellenza italiana i kiwi ricchi di vitamina C, potassio e ferro. Tra la mela e la pere, la mela mantiene il primato dei consumi, in particolar modo le varietà più apprezzate sono  la Golden delicious e la Fuji. La sua shelf-life fa si che si possa acquistare qualche frutto in più senza avere problemi di qualità. Negli ultimi anni, la tendenza è anche quella di acquistare varietà diverse, come la Annurca campana, grazie alla forte influenza dei media sulla campagna dell’ IGP. Ma c’è  stato anche chi non ha potuto fare a meno dei prodotti esotici, dalle banane,  al mango e soprattutto dell’ avocado  (questo frutto ha sostituito o modificato la gamma di prodotti nelle frutterie), o comunque di tendenza, come ad esempio il kaki Parsimon, consumi di gran lunga aumentati negli anni soprattutto rispetto al morbido ed al vaniglia. La scelta comunque parte dal presupposto che anche con una corretta dieta si può contrastare l’avanzata del virus.                            

ORTAGGI - Anche in tempo di pandemia i romani non hanno abbandonato la tradizione puntando sulle eccellenze del territorio e sul chilometro 0. I carciofi, quest’anno ottima la qualità e le vendite, minori i quantitativi prodotti che in un certo senso hanno compensato il vuoto della ristorazione. Violetto, Thema e Romanesco sono le varietà più richieste sia dalla ristorazione che dal consumatore al dettaglio. Poi il broccolo romanesco, nazionali, francesi, tedeschi, spagnoli, viene consumato quasi esclusivamente nella Capitale, mentre il cavolfiore è il cavolo più conosciuto e consumato in tutto il mondo. Immancabili le puntarelle note anche come” cicoria cimata di Gaeta”, ciò che viene consumato secondo la tradizione è lo scapo fiorale. Dall’autunno alla primavera inoltrata. In ultimo, ma non per importanza, le cicorie, a mazzi o di campo. Al CAR si stima l’arrivo giornaliero di circa 4000/5000 colli al giorno. Il consumo di questo prodotto nel 2020 non ha perso quote di mercato, in quanto il consumo della ristorazione è stato assorbito da quello casalingo.

ETICHETTA NUTRIZIONALE, MARCATO (CONFIMI ALIMENTARE): “ANCHE LA SPAGNA HA DECISO DI ADOTTARE IL NUTRISCORE, UN BRUTTO COLPO PER DIETA MEDITERRANEA”

"L'etichetta a semaforo aveva conquistato inizialmente solo alcuni paesi Europei, complici le multinazionali che operano nel mondo alimentare, ma ora anche la Spagna ha deciso di adottare lo stesso sistema mentre Italia, Grecia, Repubblica Ceca si oppongono decisamente. Questa etichetta crea falsi allarmismi e induce i consumatori a conclusioni affrettate, un colpo basso all’agroalimentare italiano" è il commento amaro di Pietro Marcato presidente di Confimi Industria Alimentare nell’apprendere che anche il governo spagnolo introdurrà entro il mese di aprile l'etichetta “Nutriscore”.

“La preoccupazione iniziale si va rafforzando – torna a ribadire il presidente di Confimi Alimentare – con l'avvicinarsi della data entro la quale l’Ue dovrà esprimersi sull’adozione di un’unica etichetta nutrizionale valida per tutti i paesi membri”.

“L’etichetta promossa dal nostro paese in alternativa - la NutrInform Battery – esprime i valori nutrizionali di ciascun prodotto tenendo in considerazione il consumo di una porzione, permettendo quindi al consumatore di avere due tipi di informazioni importantissime: il contenuto energetico (calorie, grassi, zuccheri, sale) e un’indicazione delle quantità consigliate del prodotto stesso” tiene a spiegare Marcato.

"Rischiamo di demonizzare prodotti come l’olio d'oliva e numerose altre specialità” vuole sottolineare Marcato “e chi se non la Spagna, principale produttore mondiale di olio d'oliva, può capire questo timore, eppure le scelte sembrano cadere su altri fattori”. “L’unica magra consolazione è che i prodotti Dop e Igp sono stati esclusi dall'ambito di applicazione di tali etichette in virtù delle loro caratteristiche di eccellenza e di tipicità”.

“Lo scopo è nobile – tiene a ricordare il numero uno di Confimi Alimentare – ed è quello di aiutare i cittadini-consumatori a scegliere a colpo d'occhio alimenti più equilibrati per favorire stili di vita più sani, ma dopo aver speso anni a promuovere e valorizzare nel mondo i prodotti della dieta mediterranea con alimenti unici ed apprezzati in tutto il mondo, si sta facendo un clamoroso errore, dando spazio a lobby ed interessi economici che tendono a penalizzare la nostra cucina ed il nostro sapere”.

CASSA DEPOSITI E PRESTITI, 680 MLN PER IL FOOD

È in costante aumento la presenza di Cassa Depositi e Prestiti nel food italiano. Secondo un’analisi del Sole 24 Ore, tra il 2019 e il 2020 sono state 2.891 le imprese supportate con oltre 680 milioni di euro. Tra queste figurano Molino CasilloConsorzio CasalascoFileni AlimentareLatteria SoresinaGruppo Italiano ViniAndriani, che hanno ricevuto finanziamenti ordinari per 288 milioni di euro, oltre ad una galassia di Pmi sostenute indirettamente attraverso banche e altri intermediari finanziari con 291 milioni di euro.

L’anno scorso, le risorse erogate da Cassa Depositi e Prestiti sono aumentate del +209% rispetto al 2019. Un exploit dovuto alla pandemia e all’apertura di nuove sedi operative di Cdp sul territorio. A spingere l’intervento ha contribuito, sempre secondo il Sole 24 Ore, anche l’accordo siglato nel 2019 con Coldiretti e Filiera Italia per fornire un servizio di supporto alle aziende associate. Sulla stessa lunghezza d’onda si preannuncia il 2021, che si è aperto con la sottoscrizione di una quota di 60 milioni (garantiti da Sace) del prestito obbligazionario emesso da Newlat Food.

Uno degli strumenti più utilizzati in agricoltura è il fondo rotativo di sostegno alle imprese, che coinvolge ministero delle Politiche agricole, Cassa Depositi e Prestiti e sistema bancario attraverso bandi pubblici. In pool con le banche, Cdp finanzia a medio-lungo termine, a condizioni economiche agevolate, i soggetti che realizzano gli investimenti ammessi alle agevolazioni pubbliche. La quota di finanziamento agevolato copre di norma il 50% del finanziamento, raggiungendo il valore massimo del 90% nei programmi di ricerca, sviluppo e innovazione.

In ambito agroalimentare sono stati 62 i contratti chiusi nel biennio, per un valore complessivo di 43 milioni (la quota Cdp). Nella maggior parte dei casi si tratta di iniziative interregionali focalizzate su specifici comparti, come nella filiera cerealicola grano armando zero residui che ha finanziato 43 aziende tra Puglia, Basilicata, Campania e Abruzzo. L’elenco dei cosiddetti Fri annovera anche contratti delle filiere pataticola (49,7 milioni di euro di investimenti attivati), bovina (25 milioni), ortofrutticola (contratto da 23 milioni) e vitivinicola (28 milioni).

EXPORT, I DISTRETTI ALIMENTARI ITALIANI RAGGIUNGONO I 5 MLD

Nel terzo trimestre del 2020 i distretti agroalimentari italiani hanno realizzato nel complesso oltre 5 miliardi di euro di vendite all’estero, con una crescita del +2,3% rispetto allo stesso periodo del 2019. Secondo un report di intesa san paolo è “una cifra record per le esportazioni distrettuali agro-alimentari italiane, che mai avevano superato i 5 miliardi nel trimestre estivo”.

Il maggior contributo alla crescita arriva dalla filiera della Pasta e dolci, il cui successo sui mercati internazionali non accenna ad arrestarsi: +4,1% nel terzo trimestre, che, sommato ai forti progressi dei mesi precedenti, porta il bilancio dei primi nove mesi dell’anno a sfiorare i dieci punti percentuali (+9,9% tendenziale).

Si conferma tra l’altro il carattere anticiclico dei distretti alimentari nel confronto con gli altri distretti manifatturieri monitorati, che hanno chiuso il terzo trimestre con una contrazione tendenziale del -6,3%

A registrare progressi notevoli sono in particolare Alimentare di Parma (+9% nel terzo trimestre, +26,9% nel periodo gennaio settembre), Caffè, confetterie e cioccolato torinese (+14,3% nel trimestre, +16,4% nei primi nove mesi dell’anno), i già citati Pasta e dolci, e Alimentare napoletano (rispettivamente +15,8% e +24,2%).

Seconda filiera per contributo alla crescita è quella delle Conserve: +5,6% tendenziale nel trimestre (+9,4% nei primi nove mesi dell’anno), trascinata dal distretto delle Conserve di Nocera, che contribuisce a oltre il 50% dei flussi e realizza risultati a due cifre (+15,3% nel trimestre e +11,1% nei nove mesi).

La filiera più importante in termini di export tra quelle monitorate è quella del vino, che mostra segnali di recupero nel trimestre estivo in concomitanza con l’allentamento delle restrizioni messe in atto per limitare la diffusione del Covid. Tuttavia, resta negativo il bilancio dei primi nove mesi del 2020 (-2,7%), con un livello di esportazioni cumulato inferiore di 107 milioni rispetto allo stesso periodo del 2019.

Passando dall’export al mercato interno, il giro d’affari della pasta italiana in Gdo è stato pari, nell’ultimo anno, a 720 milioni di euro. Come prevedibile, la pandemia ha generato un incremento degli acquisti da parte dei consumatori che in alcuni momenti hanno accumulato vere e proprie scorte di prodotto. Infatti, l’aumento delle vendite rispetto al 2019 è stato pari al 10% in valore. Da un’analisi effettuata da IRI emerge anche un incremento del prezzo medio, poiché la crescita a volume è stata praticamente meno della metà (+4,6%).

I marchi protagonisti della maggiore ascesa, nell’ultimo anno, sono stati rummola molisana, entrambi in grado di mettere a segno un +31% di vendite. Seguono Voiello (+19%), Garofalo (+12%), Granoro (+9,5%), De Cecco (+6,8%), Divella (+6%). Il leader resta barilla, che ha guadagnato il +2,8% arrivando a 175 milioni di venduto per una quota di mercato del 24,5% (in leggera diminuzione), davanti a De Cecco (14%) e Garofalo (8%).

Il mercato della pasta integrale, che vale circa 70 milioni di euro, vede lo sprint de La Molisana con un incremento della domanda pari al +20%. Bene le vendite anche per De Cecco (+11%). Perde quota Barilla, che detiene oltre il 25% del comparto.

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