Skip to main content

NASCE CONFIMI INDUSTRIA MONZA BRIANZA

Confimi Industria – Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata - rafforza la rappresentanza all'interno della regione Lombardia. Dopo la storica sede di Bergamo che copre anche le province di Brescia e Lecco, quella di Milano, quelle di Mantova e di Cremona che coprono la zona sud orientale della Lombardia, nasce Confimi Industria Monza Brianza. Confimi, che fa della sua struttura a piramide rovesciata la sua filosofia, snella nella dirigenza e ben radicata sul territorio, nelle prossime settimane comunicherà la governance e la sede operativa  della nuova territoriale appena nata per volontà  di un cospicuo gruppo di industrie manifatturiere del territorio brianzolo" La Lombardia produce il 20% del PIL nazionale " afferma il Presidente Nazionale di Confimi Industria Paolo Agnelli e continua "Rafforzare la nostra presenza qui è un atto dovuto, naturale nei confronti di imprese che hanno fatto la fortuna di questo Paese e che desiderano  una rappresentanza nuova e orientata alla vera assistenza imprenditoriale". "Con Monza Brianza aumentiamo  quindi la nostra presenza in uno dei territori a più intensa vocazione manifatturiera" E conclude Agnelli "Culla del Made in Italy di qualità".

CONFIMI INDUSTRIA ROMAGNA sul Referendum del 17 APRILE 2016

CONFIMI INDUSTRIA ROMAGNA
sul
Referendum del 17 APRILE 2016


Testo del quesito

Volete voi che sia abrogato l'art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale", come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)", limitatamente alle seguenti parole: "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale"?

A pochi giorni dal referendum che potrebbe cambiare i connotati del nostro territorio, Confimi Industria Romagna ritiene doveroso condividere alcune riflessioni sulle pesantissime ricadute che potrebbero verificarsi nel settore oil & gas nazionale e, in particolare, ravennate.
L’associazione che rappresenta le aziende manifatturiere romagnole, si dichiara molto preoccupata a fronte di un quesito capace di inginocchiare l’economia del territorio.
Anche dal punto di vista lessicale abbiamo a che fare con una terminologia fuorviante quando si parla di referendum NO TRIV: infatti questo elemento è puramente strumentale ed evocativo di situazioni che già oggi non sono più realistiche.

Per capirci, in Italia entro le 12 miglia, è già vietato fare nuove trivellazioni!
Qui si parla di altro, il referendum chiederà ai cittadini se abrogare o mantenere la norma che prevede di estendere lo sfruttamento dei giacimenti attualmente attivi oltre la scadenza delle concessioni e fino all’esaurimento del giacimento.
Quindi il rischio è di non poter sfruttare un giacimento già attivo fino al suo naturale esaurimento, ossia non si potrebbe più estrarre da un giacimento tutto il gas o petrolio in esso presente per poi andare a rifornirsi dai mercati esteri dell’equivalente energia lasciata nel sottosuolo nazionale.
Assisteremmo a una vera e propria assurdità, priva di alcuna logica strategica e di comune buon senso.
Questo avrebbe un gravissimo impatto a livello occupazionale, con la certezza  di una massiccia perdita di posti di lavoro all’interno di un settore già molto in difficoltà.
Il nostro territorio infatti, tra comparto diretto e indotto, rappresenta uno dei poli italiani principali dell’oil & gas.
Lo testimonia anche la manifestazione OMC (Offshore Mediterranean Conference) che periodicamente trasforma Ravenna nella capitale italiana del settore.
Se poi vogliamo essere ancora più chiari ricorriamo ai numeri: il distretto regionale si sviluppa in particolare a Ravenna dove si concentra il 13% delle aziende e il 29% dell’occupazione, ma centri di eccellenza sono anche nelle aree piacentina e parmense fino al forlivese e cesenate.
Nel 2014, a livello provinciale, nelle 50 aziende che operano nel settore erano occupati 6700 addetti, che potrebbero diventare 4200 alla fine del 2016, con un calo di 2500 unità. Che significa 2500 famiglie in difficoltà!
E questo solo se si pensa agli addetti diretti.
Poi vanno aggiunte le pmi che operano in subfornitura e tutte quelle attività correlate come strutture alberghiere, trasporti, ristorazione e servizi connessi, un bacino di lavoratori difficile da quantificare, ma che per anni ha contribuito a creare ricchezza nella città. In caso di abrogazione della norma, i dati e le proiezioni sono preoccupanti: alla fine del 2014 il comparto ha raggiunto i 2 miliardi di euro di fatturato, oggi è prevista una contrazione del 40-50%. Tutto questo non può che prefigurare uno scenario profondamente impoverito, con un crollo verticale dell’occupazione e della competitività del nostro territorio.
Le motivazioni a suffragio del fronte del sì in ordine alla sostenibilità ambientale sono generiche e strumentali, come autorevoli esperti hanno ampiamente dimostrato.
E come da più parti si è letto, o si può intuire, la sensazione è che l’appuntamento referendario altro non sia che una prova di forza rispetto agli equilibri all’interno di alcuni movimenti politici.
Assistiamo a una cieca opposizione di gruppi di pressione, comitati e interessi costituiti che mirano solo a fomentare l’opinione pubblica paventando timori per la salute delle persone e la tutela dell’ambiente, ignorando del tutto gli elevati standard qualitativi e di sicurezza ai quali le aziende del settore devono attenersi da sempre in tema di compatibilità ambientale.
Si stima che entro il 2050 il consumo di energia mondiale aumenterà del 50%.
Gestirlo solo con le rinnovabili sarà impossibile.
Un maggiore utilizzo del gas sarà invece fondamentale per creare quel mix di fonti energetiche necessario per far fronte allo sviluppo e al contenimento delle emissioni.
E’ assurdo demonizzare l’oil & gas, un Paese serio dovrebbe piuttosto elaborare un ‘PIANO ENERGETICO NAZIONALE’: questa è l’aspettativa delle imprese. Non si può fare la politica energetica nazionale con un sì o con un no.



A NOI LE URNE NON INTERESSANO

ANIEM, DAL PARLAMENTO OTTIMO CONTRIBUTO SUL CODICE APPALTI

Dino Piacentini favorevole al parere parlamentare di ieri “E’ un parere che va nella giusta direzione di rafforzare gli aspetti innovativi dell’impianto normativo, valorizzando l’approccio riformatore e respingendo le richieste di arretramento avanzate da coloro che si oppongono pregiudizialmente al cambiamento”.

Il Presidente di Aniem (Associazione delle pmi edili di Confimi Industria), Dino Piacentini accoglie con soddisfazione il parere formulato dalle Commissioni Lavori Pubblici di Camera e Senato sullo schema di decreto relativo al nuovo Codice Appalti.
“E’ un parere che va nella giusta direzione di rafforzare gli aspetti innovativi dell’impianto normativo, valorizzando l’approccio riformatore e respingendo le richieste di arretramento avanzate da coloro che si oppongono pregiudizialmente al cambiamento.
Il parere parlamentare, in particolare, recepisce alcune nostre richieste che riteniamo importanti per coniugare efficienza delle norme e garanzie di competitività e trasparenza. Un passaggio determinante riguarda le commissioni giudicatrici con la limitazione della soluzione interna solo per le gare al di sotto della soglia dei 150 mila euro. Altro passaggio significativo riguarda le gare sotto soglia, in particolare fino ad 1 milione di euro con l’introduzione del bando, la consultazione di almeno 10 operatori e comunque la scelta di eliminare il massimo ribasso.
Non possiamo che salutare positivamente – continua Piacentini – anche la richiesta dell’anticipazione strutturale del 20% da corrispondere all’appaltatore entro 15 giorni dall’effettivo inizio dei lavori. E’ un’altra battaglia storica condotta dalla nostra Associazione negli ultimi anni che può dare ossigeno ad un sistema produttivo che, come noto, è costituito da aziende micro e di piccole e medie dimensioni.

Anche la scelta sul subappalto – conclude il Presidente di Aniem – con il limite del 30% del contratto e la determinazione di regole per il pagamento diretto dei subappaltatori, ci sembra equilibrata ed anche rispondente ai rilievi provenienti dall’Europa”.
Cookies user preferences
We use cookies to ensure you to get the best experience on our website. If you decline the use of cookies, this website may not function as expected.
Accept all
Decline all
Analytics
Tools used to analyze the data to measure the effectiveness of a website and to understand how it works.
Google Analytics
Accept
Decline
Save