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Confimi Impresa diventa Confimi Industria. La voce indipendente per l’industria manifatturiera italiana

Roma, 28 maggio 2015 – Oggi Confimi Impresa diventa Confimi Industria, deliberato durante l’Assemblea di questa mattina, il nuovo nome per la Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata, guidata da Paolo Agnelli.

“Il 50% degli imprenditori non appartiene a nessuna associazione di categoria, in questo contesto di forte crisi dei corpi intermedi passare da Impresa a Industria  significa identificare immediatamente il mondo da cui proveniamo, quello che rappresentiamo e i nostri interlocutori”  dice il presidente Agnelli.

“Non è più possibile pensare che il mondo industriale italiano sia identificato da un’unica voce  – continua il presidente –  serve oggi più che mai un nuovo modello che rappresenti in maniera chiara e libera, senza nessun conflitto di interesse, gli industriali del  manifatturiero italiano”.

“Le industrie che mandano avanti il Paese non sono solo i grandi colossi, magari partecipati, sono soprattutto le Piccole e Medie Industrie che decidono nonostante politiche a volte sfavorevoli di investire in Italia e di non delocalizzare. Confimi Industria rappresenta proprio questa schiera di imprenditori resistenti”.

“Scegliere Industria non significa prendere le distanze da quello che fino ad oggi è stato Confimi” Conclude Paolo Agnelli “Al contrario è la naturale evoluzione della nostra Confederazione che proprio nel nome del lavoro fatto in quasi 3 anni di vita, mettendo insieme quasi 30.000 aziende che contano un fatturato aggregato di 70 miliardi di euro, oggi vuole parlare  in maniera ancora più forte al settore che rappresenta e difenderne gli interessi in maniera limpida”.

Agnelli (Confimi): “Mettere a rischio il marchio Made in Italy manifatturiero è perdere oltre 100 miliardi di euro in esportazioni”

Roma, 27 maggio 2015 - “Il Made in Italy è la prima garanzia per il nostro manifatturiero. No a compromessi" commenta così Paolo Agnelli Presidente di Confimi Impresa, la Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata, la possibilità che durante il Consiglio Competitività che si terrà a Bruxelles domani 28 maggio si possa votare l’obbligo di indicare in etichetta il paese di provenienza della merce venduta in Europa solo per calzature e ceramiche.

“Il Governo italiano ha già scritto al Presidente della Commissione Ue Junker. Bene ma non basta– dice Agnelli -  settori come calzature, tessile e moda, ceramica, gioielleria, mobile e arredo, edilizia valgono oltre 100 miliardi di esportazioni, chi si assumerà un naturale calo delle commesse e quindi dei fatturati a seguito di questa brusca e irresponsabile decisione?"

“Per l’industria manifatturiera in Italia – ricorda il Presidente - l’etichettatura  è garanzia e riconoscimento di una filiera, di un lavoro di qualità e di professionalità" 

E continua Agnelli "Rendere obbligatorio il Made In vorrebbe dire muoversi in due direzioni. Da una parte  impedirebbe di lasciar intendere come europei, o peggio ancora italiani, prodotti magari scadenti realizzati altrove, dall’altra permetterebbe al consumatore di operare una scelta consapevole al momento dell’acquisto”.

Un braccio di ferro che vede coinvolti tutti i Paesi dell’Unione, divisi in pro e contro l’etichettatura del Made In  a seconda del valore, che nei loro confini, riveste l'industria manifatturiera. "Non è solo una questione economica, ma anche politica" conclude Paolo Agnelli "Rappresentare sempre una minoranza - anche per questioni prioritarie per il nostro Paese come il Made in Italy che è sinonimo di garanzia in tutto il mondo -  mette in dubbio la nostra sovranità"

Lorenzin su reverse charge: "Bocciatura Ue dovut, ora il governo non aumenti le accise"

Lorenzin, Confimi su reverse charge: “Bocciatura Ue dovuta, ora il Governo non aumenti le accise”

Roma, 7 maggio 2015 – In arrivo dalla Commissione europea la probabile bocciatura alla norma, contenuta nella legge di stabilità, che estende il meccanismo del reverse charge alla grande distribuzione. Una buona notizia che però si scontra con il via libera allo split payment, l'altra misura contenuta nel pacchetto antievasione.
“Si tratta di una bocciatura dovuta”  sostiene Flavio Lorenzin, Vice Presidente Confimi con delega alla semplificazione e ai rapporti con la PA “ora le imprese manifatturiere possono tirare un sospiro di sollievo”. 
La misura infatti oltre ad essere ingiustificabile dal punto di vista della lotta all’evasione, avrebbe rappresentato uno scivolo per supermercati e discount a spese invece dei relativi fornitori che già gravati dai forti ritardi nei pagamenti avrebbe visto crescere il buco creditizio a causa della mancata riscossione dell’IVA. Difficoltà che le imprese già vivono a causa di misure introdotte dalla stessa manovra, come lo split payment verso la PA e l’estensione del reverse charge nel settore degli impianti, opere di demolizione, completamento e pulizia degli edifici.
Con  la bocciatura del reverse charge esteso alla grande distribuzione però scatterebbe in automatico dal prossimo 1° luglio l'aumento delle accise per circa 700 milioni. “La norma andrebbe riscritta” continua Lorenzin “lo abbiamo già detto, ora è necessario che il Governo da una parte scongiuri l’aumento delle accise a salvaguardia della bocciatura comunitaria, e dall’altra ripensi alle altre disposizioni sul reverse introdotte ad inizio 2015. Disposizioni confusionarie che la stessa Agenzia delle entrate (CM 14/E) ha definito atecniche”.
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