La lezione della recessione 2008-09 all’industria alimentare di oggi

Gli effetti economici del post COVID-19 sono tutt’ora sconosciuti, ma nel 2020 i marchi del settore alimentare europeo dovranno fare i conti con quella che il FMI prevede sarà una contrazione del 7,5% del PIL reale nell’area dell’euro, molto peggiore alla recessione del 2008-2009. E mentre il FMI prevede una “ripresa a forma di V” nel 2021, molti altri pensano che il recupero sarà lungo, lento e doloroso e addirittura peggiore nell’Europa meridionale, dove gli effetti del 2008-09 sono ancora parte dell’economia locale.
Ma il biennio 2008-09 ci offre anche preziose lezioni su come le aziende alimentari europee possono adattare i loro modelli di business alle esigenze dei consumatori in recessione: ci racconta per esempio, come i marchi di successo offriranno prezzi più flessibili e adatteranno l’innovazione alle esigenze del momento (ad esempio, con un packaging più piccolo). Inoltre, sottolinea anche come il valore sia più di un semplice punto sul prezzo: i consumatori pagheranno comunque di più per i marchi che offrono vantaggi chiari e desiderabili. Nel 2009, il PIL dell’Eurozona si ridusse del 4% e fu la peggiore recessione dell’Europa dagli anni ’30. Nel 2008, la crisi bancaria globale causò la caduta del PIL trimestrale dell’Eurozona tra il primo trimestre (gennaio e il terzo trimestre) e il secondo trimestre (Apr-Giu). Questo calo raggiunse il picco nel primo trimestre 2009 con un ritorno alla crescita nel terzo trimestre (Lug-Set). L’UE impiegò fino al 2014 per riprendersi ai livelli del PIL del 2008 (sperimentando un’altra piccola recessione nel 2012). Cinque anni quindi di budget alimentari stretti (2009-13) dove l’impatto differiva per regione. Durante la recessione del 2008-2009, i consumatori iniziarono a risparmiare e a dare priorità d’acquisto ai beni essenziali. Nel Regno Unito per esempio, i consumatori investirono molto meno in cibo d’asporto e preferirono cucinare a casa (ritenuto più conveniente). In tutti i momenti di recessione la fidelizzazione al brand viene meno e si diventa più sensibili al prezzo. Questo rende inevitabile il fatto che le private label acquistino quote di mercato rispetto alle marche. Queste possono contrastare il fenomeno focalizzandosi sul proprio valore. La sfida dei brand nel 2020 consiste nel convincere i consumatori che i propri prodotti valgono di piú rispetto alle sempre maggiori alternative offerte dalle private label.
Le private label sono presenti maggiormente in Europa più che in altre regioni, gli Europei non percepiscono quasi più un ‘gap’ di qualità tra la marca e la private label. Tuttavia i brand godono ancora di una buona percezione da parte dei consumatori Europei e dovrebbero investire proprio nel rinforzare questa percezione:
Questa tendenza è confermata dai prodotti private label che hanno colto la grande opportunità di soddisfare le esigenze dei consumatori continuando ad innovare anche negli anni successivi: nel 2007, il 15% di tutti i lanci di alimenti e bevande in Europa erano private label, passando al 22% nel 2009, con un picco del 27% nel 2011.
James Peckham analizzando dati Nielsen dalla recessione degli anni 70 ha scoperto che le categorie di generi alimentari che sono cresciute maggiormente, sono quelle che hanno mostrato i più alti livelli di innovazione. È probabile che questo sia la conseguenza di nuovi lanci di prodotto i quali, avendo a che fare con meno concorrenza dei concorrenti ottengono risultati di vendita migliori. Il termine “Lipstick Effect”, letteralmente “Effetto Rossetto”, è stato coniato in seguito alla sorprendente performance dei generi cosmetici durante la Grande Depressione degli anni ‘30. Definisce la necessità psicologica per la quale i consumatori si concedono piccoli sfizi accessibili che risollevano l’umore in tempi incerti e difficili. È successo esattamente lo stesso ad alcune categorie di cibi e bevande indulgenti ma a prezzi accessibili durante e dopo la recessione del 2008-09. Il caffè ha ottenuto ottimi risultati in tutta Europa nel 2010, con una crescita in formati come macinato fresco e istantaneo premium. La cioccolata prosperava nel Regno Unito con il marchio di lusso Green & Black il quale ha registrato performance eccellenti proprio durante la recessione. Il gin premium ha prosperato in Spagna nonostante il lungo periodo di austerità successivo al 2008-09. I generi alimentari a prezzo accessibile hanno performato meglio delle varianti premium nel 2008-09 e negli anni successivi, tuttavia la domanda di prodotti più di lusso non si era esaurita, tutt’altro. Nel 2010, il 49% degli adulti in Regno Unito ha smesso di acquistare alcuni marchi alimentari più costosi orientandosi verso quelli più economici, tuttavia, un 23% si è spostato verso marchi di supermercati alimentari ma di alta qualità (ad esempio Tesco Finest, Sainsbury’s Taste the Difference ecc.). Ciò sottolinea come non tutti i budget vengano influenzati negativamente durante i periodi di recessione. Questo è particolarmente vero per i prodotti premium più economici, i quali in alcuni casi vengono considerati altrettanto di buona qualità rispetto alle alternative più costose. Nel 2009, le vendite di Prosecco sono cresciute nel Regno Unito a spese del più costoso Champagne e i piatti pronti premium hanno avuto performance di vendita ottime come alternativa ai cibi da asporto più costosi. Le aziende europee del settore alimentare che apprendono da quanto accaduto durante la recessione degli anni 2008-09 saranno in una posizione di vantaggio per affrontare le conseguenze dell’attuale situazione economica. L’insegnamento chiave è che i marchi devono offrire un valore aggiunto al consumatore. Ciò significa adeguare i prezzi e l’innovazione per rendere i prodotti più accessibili e farli rientrare nel budget di consumatori con meno capacità di spesa. Il valore non riguarda solo il prezzo tuttavia. I marchi devono offrire e comunicare vantaggi tangibili all’acquirente che deve percepire il prodotto come fondamentale al momento dell’acquisto.
Ma il biennio 2008-09 ci offre anche preziose lezioni su come le aziende alimentari europee possono adattare i loro modelli di business alle esigenze dei consumatori in recessione: ci racconta per esempio, come i marchi di successo offriranno prezzi più flessibili e adatteranno l’innovazione alle esigenze del momento (ad esempio, con un packaging più piccolo). Inoltre, sottolinea anche come il valore sia più di un semplice punto sul prezzo: i consumatori pagheranno comunque di più per i marchi che offrono vantaggi chiari e desiderabili. Nel 2009, il PIL dell’Eurozona si ridusse del 4% e fu la peggiore recessione dell’Europa dagli anni ’30. Nel 2008, la crisi bancaria globale causò la caduta del PIL trimestrale dell’Eurozona tra il primo trimestre (gennaio e il terzo trimestre) e il secondo trimestre (Apr-Giu). Questo calo raggiunse il picco nel primo trimestre 2009 con un ritorno alla crescita nel terzo trimestre (Lug-Set). L’UE impiegò fino al 2014 per riprendersi ai livelli del PIL del 2008 (sperimentando un’altra piccola recessione nel 2012). Cinque anni quindi di budget alimentari stretti (2009-13) dove l’impatto differiva per regione. Durante la recessione del 2008-2009, i consumatori iniziarono a risparmiare e a dare priorità d’acquisto ai beni essenziali. Nel Regno Unito per esempio, i consumatori investirono molto meno in cibo d’asporto e preferirono cucinare a casa (ritenuto più conveniente). In tutti i momenti di recessione la fidelizzazione al brand viene meno e si diventa più sensibili al prezzo. Questo rende inevitabile il fatto che le private label acquistino quote di mercato rispetto alle marche. Queste possono contrastare il fenomeno focalizzandosi sul proprio valore. La sfida dei brand nel 2020 consiste nel convincere i consumatori che i propri prodotti valgono di piú rispetto alle sempre maggiori alternative offerte dalle private label.
Le private label sono presenti maggiormente in Europa più che in altre regioni, gli Europei non percepiscono quasi più un ‘gap’ di qualità tra la marca e la private label. Tuttavia i brand godono ancora di una buona percezione da parte dei consumatori Europei e dovrebbero investire proprio nel rinforzare questa percezione:
- 51% dei consumatori spagnoli pensa che i prodotti delle private label non siano graditi tanto quanto quelli delle marche (15% sostiene il contrario)
- 43% dei consumatori in Polonia sostiene che i prodotti brandizzati siano realizzati con maggiori standard di qualità rispetto a quelli delle private label (16% sostiene il contrario)
- Semplificare le loro linee prodotto, limitando il numero di estensioni, con variazioni diverse
- Semplificare il loro messaggio, e.g. la qualità a prezzi accessibili
- Semplificare le loro liste ingredienti
Questa tendenza è confermata dai prodotti private label che hanno colto la grande opportunità di soddisfare le esigenze dei consumatori continuando ad innovare anche negli anni successivi: nel 2007, il 15% di tutti i lanci di alimenti e bevande in Europa erano private label, passando al 22% nel 2009, con un picco del 27% nel 2011.
James Peckham analizzando dati Nielsen dalla recessione degli anni 70 ha scoperto che le categorie di generi alimentari che sono cresciute maggiormente, sono quelle che hanno mostrato i più alti livelli di innovazione. È probabile che questo sia la conseguenza di nuovi lanci di prodotto i quali, avendo a che fare con meno concorrenza dei concorrenti ottengono risultati di vendita migliori. Il termine “Lipstick Effect”, letteralmente “Effetto Rossetto”, è stato coniato in seguito alla sorprendente performance dei generi cosmetici durante la Grande Depressione degli anni ‘30. Definisce la necessità psicologica per la quale i consumatori si concedono piccoli sfizi accessibili che risollevano l’umore in tempi incerti e difficili. È successo esattamente lo stesso ad alcune categorie di cibi e bevande indulgenti ma a prezzi accessibili durante e dopo la recessione del 2008-09. Il caffè ha ottenuto ottimi risultati in tutta Europa nel 2010, con una crescita in formati come macinato fresco e istantaneo premium. La cioccolata prosperava nel Regno Unito con il marchio di lusso Green & Black il quale ha registrato performance eccellenti proprio durante la recessione. Il gin premium ha prosperato in Spagna nonostante il lungo periodo di austerità successivo al 2008-09. I generi alimentari a prezzo accessibile hanno performato meglio delle varianti premium nel 2008-09 e negli anni successivi, tuttavia la domanda di prodotti più di lusso non si era esaurita, tutt’altro. Nel 2010, il 49% degli adulti in Regno Unito ha smesso di acquistare alcuni marchi alimentari più costosi orientandosi verso quelli più economici, tuttavia, un 23% si è spostato verso marchi di supermercati alimentari ma di alta qualità (ad esempio Tesco Finest, Sainsbury’s Taste the Difference ecc.). Ciò sottolinea come non tutti i budget vengano influenzati negativamente durante i periodi di recessione. Questo è particolarmente vero per i prodotti premium più economici, i quali in alcuni casi vengono considerati altrettanto di buona qualità rispetto alle alternative più costose. Nel 2009, le vendite di Prosecco sono cresciute nel Regno Unito a spese del più costoso Champagne e i piatti pronti premium hanno avuto performance di vendita ottime come alternativa ai cibi da asporto più costosi. Le aziende europee del settore alimentare che apprendono da quanto accaduto durante la recessione degli anni 2008-09 saranno in una posizione di vantaggio per affrontare le conseguenze dell’attuale situazione economica. L’insegnamento chiave è che i marchi devono offrire un valore aggiunto al consumatore. Ciò significa adeguare i prezzi e l’innovazione per rendere i prodotti più accessibili e farli rientrare nel budget di consumatori con meno capacità di spesa. Il valore non riguarda solo il prezzo tuttavia. I marchi devono offrire e comunicare vantaggi tangibili all’acquirente che deve percepire il prodotto come fondamentale al momento dell’acquisto.