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Crack ristoranti costa 150mln in cibi e vino

Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare regionale con una perdita di fatturato di almeno 150 milioni di euro per i mancati acquisti in cibi e bevande sole nell’estate 2020. E’ quanto emerge da una stima di Coldiretti Puglia nel sottolineare che i consumi extradomestici per pranzi e cene fuori casa sono previsti in calo del 40% durante i mesi di luglio, agosto e settembre per l’emergenza Coronavirus.

Una drastica riduzione dell’attività che si trasferisce sulla mancata vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. 

Primo fra i prodotti in difficoltà il vino: la lenta ripresa di ristoranti e alberghi era un appuntamento molto atteso dagli operatori di un settore dal quale nascono, dalla vigna alla tavola, prodotti apprezzati ed esportati in tutto il mondo, con un risvolto occupazionale importante. Il ‘Puglia Igt’ ad esempio crea 16,5 milioni ore di lavoro all’anno, con un altro vitigno pugliese al decimo posto della top ten nazionale, il Castel Del Monte Doc, con 9,4 milioni di ore lavorate nella provincia di Bari.

A pesare oltre alla crisi economica e alla diffidenza tra gli italiani è soprattutto la mancanza del turismo dall’estero con oltre 16 milioni di cittadini stranieri in vacanza in Italia nel 2019 durante i mesi di luglio, agosto e settembre che quest’anno rischiano di essere praticamente azzerati dalle preoccupazioni e dai vincoli resi necessari per affrontate l’emergenza coronavirus.

La crisi del turismo non risparmia neppure la Puglia con 800mila vacanzieri in meno, 3mila aziende chiuse e circa 7 mila posti di lavoro persi, con una lenta ripresa delle prenotazioni degli italiani verso le alternative preferite in questo periodo, il mare e la campagna con gli agriturismi che garantiscono distanze di sicurezza in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto, a tavola e con ampi spazi all’aperto, luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche, mentre manca all’appello l’importante fetta del turismo straniero, a partire dai vacanzieri statunitensi, europei e giapponesi.

Si tratta di un vuoto pesante che non viene purtroppo compensato dalla svolta patriottica degli italiani che per il 93% ha scelto di trascorrere le vacanze in Italia, la percentuale più elevata da almeno 10 anni secondo analisi Coldiretti/Ixe’ dalla quale si evidenzia che sono 34 milioni i cittadini del Belpaese che hanno deciso di andare in ferie per almeno qualche giorno nell’estate 2020, con un calo del 13% rispetto allo scorso anno.
L’estate senza turisti stranieri impatta sull’intero indotto turistico a partire dall’alimentazione che in Italia pesa circa 1/3 dell’intero budget delle vacanze dei turisti per i pasti nei ristoranti ma anche per l’acquisto di souvenir. Ai danni diretti si aggiungono quelli indiretti perché viene a mancare l’effetto promozionale sui prodotti Made in Italy all’estero con i turisti stranieri che continuano a ricercali una volta tornati nei paesi di origine determinando una spinta all’export nazionale.

L’Italia infatti è leader mondiale incontrastato nel turismo enogastronomico grazie al primato dell’agricoltura più green d’Europa con 303 specialità ad indicazione geografica riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole biologiche e la piu’ grande rete mondiale di mercati di agricoltori e fattorie.
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