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COVID NON FERMA LE VENDITE VINO MADE IN ITALY NEGLI USA (+2,3%)

Il Covid-19 ha modificato l’approccio al consumo di vino negli Stati Uniti ma non ne ha depresso la domanda. Volano i consumi al di fuori dei luoghi di acquisto e ancora di più le vendite on-line, che compensano in buona parte il gap riscontrato nei locali (bar e ristoranti). L’Italia in questo quadro approfitta dei dazi aggiuntivi applicati ai principali competitor per allungare notevolmente su una Francia sempre più difficoltà.
Lo rileva Veronafiere, con gli ultimi dati doganali elaborati dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor per wine2wine e con il web-focus sugli effetti del Covid sul vino italiano.
 


Italia sempre più protagonista nelle vendite di vino negli Stati Uniti; Francia sempre più tramortita dai dazi aggiuntivi. Secondo gli ultimi dati doganali elaborati dall'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitori per wine2wine, nei primi 8 mesi di quest’anno l’Italia ha infatti recuperato oltre 370 milioni di euro sullo storico competitor d’Oltralpe e chiude l’estate con un ulteriore allungo a 1,16 miliardi di euro di vendite (+2,3% sul pari periodo 2019), contro una Francia mai così in basso e un trend in rosso del 25,7% (998 milioni di euro).
Lo scenario, esattamente invertito rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è influenzato più dai dazi aggiuntivi che dal Covid-19. Basti pensare come oltre al -25,7% a valore della Francia – con i vini fermi a -32,5% –, anche Spagna (-11,8%) e Germania (-34,4%) registrano cali pesanti, che contribuiscono in maniera decisiva alla contrazione complessiva dell’import di vino statunitense sul periodo (-10,5%).
 


Vola l’e-commerce a partire dai grandi aggregatori di vendite online, come riscontrato nel seminario Vinitaly-wine2wine da Heini Zachariassen, fondatore della principale app enologica al mondo, Vivino: «In questi mesi abbiamo assistito agli incrementi di acquisto più forti di sempre da parte dei nostri 46 milioni di utenti, con crescite in tripla cifra nei 5 mesi di emergenza. Nel periodo – ha proseguito – abbiamo registrato un punto di svolta per i fine wine italiani, soprattutto per i rossi toscani, l’Amarone e il Brunello di Montalcino».
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