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Biocosì: come diminuire l’uso della plastica e del packaging

In base a un recente studio delle università americane della California e della Georgia, in questo mezzo secolo sono stati prodotti 8,3 miliardi di tonnellate di plastica usa e getta e le previsioni dei ricercatori stimano che questa montagna crescerà fino a 34 miliardi di tonnellate nel 2050. Questo creerà inevitabilmente ingenti volumi di rifiuti plastici che impatteranno sull’intero ecosistema planetario.  

In Europa si generano 26 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, ma meno del 30% viene raccolto per essere riciclato. Una parte viene esportata per essere smaltita da paesi terzi mentre il resto va in discarica, viene incenerito oppure, nel peggiore dei casi, non viene raccolto e finisce per disperdersi nell’ambiente, inquinando soprattutto foreste, spiagge, fiumi e mari.

Nel tentativo di contrastare l’inquinamento da plastica, la Commissione europea ha adottato una strategia approvata dal Parlamento europeo nel settembre 2018. Ossia ai sensi dei nuovi piani, tutti gli imballaggi di plastica sul mercato dell’UE saranno riciclabili entro il 2030, l’utilizzo di sacchetti di plastica monouso sarà ridotto e l’uso intenzionale di microplastiche sarà limitato. La strategia sulla plastica contribuirà inoltre concretamente al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 e degli obiettivi dell’accordo di Parigi in materia di cambiamenti climatici. 

Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi la Commissione Europea si è dotata di un documento  (A European Strategy for Plastics in a Circular Economy – 2018) secondo cui le plastiche biodegradabili nei prossimi anni giocheranno un ruolo fondamentale nella diminuzione delle plastiche di origine fossile, ipotizzando  un aumento della produzione globale da circa 2,15 milioni di tonnellate nel 2020 a circa 2,43 milioni di tonnellate nel 2024 . A livello nazionale, l’industria delle bioplastiche, nel 2018, secondo uno studio commissionato da Assobioplastiche a Plastic Consult, ha registrato, rispetto al 2017, un aumento del 21% della produzione (88.500 tonnellate) e un aumento del 26% del fatturato (685 milioni di euro).

Seguendo questo solco è nato il progetto BIOCOSÌ (Tecnologie e processi innovativi per la produzione di imballaggi 100% Biodegradabili e Compostabili per un’industria Sostenibile, economica/circolare ed Intelligente) sviluppato nell’ambito del bando della Regione Puglia Innonetwork e finanziato con circa 1,1 milioni di euro dal Programma operativo regionale Por-Fesr 2014-2020. Il progetto BIOCOSÌ ha permesso di recuperare i rifiuti caseari convertendoli in risorse da cui ottenere bioplastiche, ridisegnando in questo modo il packaging in chiave sostenibile.

I Partner del progetto sono stati ENEA, l’Università di Bari e le aziende EggPlant, CSQA, RL Engineering, Caseificio Colli Pugliesi, Compost Natura e la Rete di Laboratori Pubblici di Ricerca Microtronic, coordinata dall’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del Cnr. 

L’obiettivo del progetto BIOCOSÌ è stato quello di fornire una soluzione al problema dei reflui della filiera lattiero casearia, non più visti come rifiuto, ma come risorsa (materia prima/seconda) per la produzione di bioplastica (PHB-HV – polimero appartenente alla famiglia dei poliidrossialcanoati), 100% biodegradabile e biocompatibile, idonea ad un packaging rigido per uso alimentare e utilizzabile all’interno della stessa filiera. Ispirato ai principi dell’economia circolare, BIOCOSÌ consente un completo abbattimento degli inquinanti dell’industria lattiero casearia e la loro completa valorizzazione attraverso un processo a rifiuti zero e una “soluzione disruptive”, orientata al mercato e all’ammodernamento della filiera agro-alimentare.

In particolare i reflui generati dal settore lattiero-caseario, difficilmente smaltibili a causa dell’elevato carico inquinante, sono uno tra i maggiori problemi dell’agro-industria in Italia, sia per la diffusa presenza di caseifici sul territorio che per i grandi volumi prodotti. Secondo le stime elaborate da ISTAT e APAT in Italia, come in altri paesi con un’importante tradizione casearia, la quantità di siero di latte prodotto ogni anno è molto elevata, pari a 8 × 106 tonnellate/anno.

Tali reflui, però, se opportunamente trattati, possono costituire una fonte di ricchezza in un’ottica di economia circolare, in cui essi diventano fonte di sostanze organiche per ottenere prodotti ad alto valore aggiunto. 
La tecnologia sviluppata, tutta made in Puglia, si avvale di due processi fondamentali: recupero e valorizzazione delle componenti organiche (sieroproteine e lattosio) dai reflui lattiero caseari; produzione e lavorazione di bioplastica per l’ottenimento di un packaging rigido altamente performante (bottiglie per il latte e vaschetta per latticini) e produzione di alimenti arricchiti. I reflui dell’industria casearia vengono recuperati e trattati, mediante il processo di separazione a membrana, sviluppato dall’ENEA nel Centro Ricerche di Brindisi. Il frazionamento del siero di latte ha consentito il recupero differenziato di tutte le componenti (quali sieroproteine/peptidi, lattosio e sali minerali) fino all’acqua ultrapura. Un elemento di innovazione del progetto è legato alla sostenibilità del processo ed al suo essere in linea con i principi di economia circolare dal momento che sono state valorizzate tutte le frazioni presenti nel siero di latte. Infatti, tra le componenti presenti nel siero di latte, il lattosio, non avendo altri usi, né come integratore nutrizionale come invece ha la frazione proteica, né per l’industria alimentare come la frazione protidica, è quello più indicato a supportare la sintesi dei PHB-HV, costituendo una fonte di carbonio a basso costo.

La collaborazione con il partner EggPlant ha permesso, mediante la fermentazione del lattosio con microrganismi lattici selezionati, sia la produzione di bioplastica biodegradabile e compostabile, che la produzione di alimenti arricchiti in peptidi bioattivi con attività antipertensiva e antimicrobica.

Dunque, l’arricchimento di prodotti lattiero caseari in peptidi bioattivi, oggi ancora a livello sperimentale, potrà essere una novità del settore, trasferibile a livello commerciale e consentire di migliorare le proprietà dei propri prodotti disponibili, ampliandone la rosa dell’offerta e garantire al tempo stesso la sostenibilità ambientale delle soluzioni tecniche proposte.

La sostenibilità ambientale dell’imballaggio insieme allo studio dell’impronta ambientale di prodotto è stata valutata con metodologia innovativaPEF (Product Environmental Footprint), consentendo la misura delle prestazioni ambientali lungo il ciclo di vita dei prodotti, come da Raccomandazione 2013/179/UE della Commissione Europea del 9 aprile 2013. 
I risultati del progetto BIOCOSI’ sono rappresentati dai prototipi, utilizzabili come packaging alimentare.

Dal punto di vista economico il progetto BIOCOSI’ ci ha permesso di valutare il possibile taglio di circa il 23% del costo unitario di produzione del biopolimero (PHB-HV), grazie all’abbattimento dei costi di smaltimento dei reflui derivanti dal settore lattiero caseario, all’utilizzo del lattosio estratto dal refluo, contribuendo contemporaneamente alla riduzione dell’impatto della plastica nell’ambiente.

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