Incognita oli comunitari: 7 su 15 non sono extravergini

Non è extravergine. È questo il verdetto del panel test eseguito dal comitato di assaggio del Laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli di Roma su 7 campioni di olio che, alla prova organolettica, hanno riportato dei difetti e pertanto sono risultati appartenere alla categoria degli oli di oliva vergini. Una bocciatura che non rappresenta un rischio di salute per il consumatore ma di certo un problema per le sue tasche: acquistare un extravergine significa pagare un 30-40% in più di un semplice vergine. Quelli che presenta “Il Salvagente” sono risultati sorprendenti per almeno due motivi. Innanzitutto perché su 15 oli extravergini testati – tutte miscele di provenienza Ue, solo nel caso del Colavita l’origine è Ue e non Ue – quasi la metà alla prova d’assaggio sono risultati essere oli di oliva vergine: parliamo di De Cecco Classico, Colavita Mediterraneo tradizionale, Carapelli Frantolio, Coricelli, Cirio Classico, La Badia-Eurospin e il Saggio Olivo di Todis.
Le aziende, analisi alla mano, sostengono che il loro olio è extravergine e come tale è stato consegnato ai supermercati. Dunque se ha perso tali qualità è colpa del trasporto o dello stoccaggio. Il problema però, verrebbe da ribattere, non è certo del consumatore che acquista in buona fede un olio credendolo (e pagandolo) come extravergine.