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Largo ai dolcificanti vegetali: viaggio tra le nuove proposte di sostituti dello zucchero

Il panorama dei dolcificanti sostitutivi dello zucchero si amplia, grazie a nuove molecole per lo più di origine vegetale, ma lavorate secondo le tecnologie più avanzate, pronte sbarcare nei mercati di tutto il mondo. Tra le più interessanti, secondo FoodNavigator, ci sono le taumatine 1 e 2, derivanti dalla pianta tropicale Thaumatococcus danielli, che l’azienda Conagen ha annunciato di essere pronta a produrre su larga scala. Le taumatine hanno ciascuna caratteristiche proprie, ma entrambe hanno un potere dolcificante valutato 3mila volte quello dello zucchero, se raffrontate in peso (e ben 100mila su base molare, unità di misura chimica). Sono già state approvate in Giappone, Israele ed Europa (con la sigla E957), mentre negli Stati Uniti sono state incluse nella categoria dei Gras (sostanze ritenute sicure fino a prova contraria) come aromi (con la sigla FEMA GRAS 3732).

Ci sono poi le nuove evoluzioni della stevia, per ora proposte negli Stati Uniti. Cargill ha presentato EverSweet+ClearFlo, un complesso messo a punto nel 2019 nel quale alla stevia è stato unito un aroma naturale che ne corregge il retrogusto (spesso metallico), ne migliora solubilità e stabilità e ne velocizza la dissoluzione. Per questi motivi, secondo l’azienda, sarebbe particolarmente adatto alla preparazione delle bevande dolcificate, perché non richiede riscaldamento delle soluzioni e permettere di accorciare i tempi, vista la rapidità di scioglimento.

C’è poi la californiana Sweegen, che ha lanciato Ultratia, a base di brazzeina, un altro dolcificante ottenuto da una pianta tropicale dell’Africa occidentale, la oubli (Pentadiplandra brazzeana Baillon), da cui si ricava anche un altro edulcorante, la pentadina, scoperta nel 1989. La brazzeina è stata identificata nel 1994 ed è dotata di un potere dolcificante da 500 a 2mila volte quello dello zucchero, stabile al calore e in acido (in realtà in un ampio intervallo di pH), facilmente solubile e anch’essa priva del retrogusto amaro tipico di molti dolcificanti sintetici. Queste caratteristiche, sempre secondo l’azienda, la renderebbero particolarmente adatta alle lavorazioni tanto delle bevande quanto degli alimenti solidi come da quelli da forno. Ma la brazzeina ha anche un’altra dote che potrebbe farla diventare molto popolare: ha un indice glicemico pari a zero, e può quindi essere utilizzata dai diabetici e da chi segue una dieta chetogenica o a bassissimo contenuto di carboidrati.

Oltre ai dolcificanti puri, ci sono poi le sostanze che puntano sulla modulazione del gusto dolce. La Icon Foods, per esempio, propone CitruSweet e ThauSweet, due molecole che potenziano la dolcezza di edulcoranti come la stevia e il monk fruit (Siraitia grosvenorii) assicurando – questa la promessa – un sapore equilibrato. Il primo, CitruSweet, contiene il bioflavonoide naringina che si ricava dalla buccia degli agrumi, è 1.500 volte più dolce dello zucchero e ha una caratteristica molto particolare: conferisce un gusto dolce che si percepisce gradualmente, e impiega da 30 a 45 secondi per raggiungere la pienezza. ThauSweet, invece, è un altro derivato della Thaumatococcus danielli, cioè delle taumatine, e dà un gusto che dolce resta percepibile sulla lingua per almeno cinque minuti.

Infine c’è l’approccio basato sulla riduzione dello zucchero. Per abbassare il contenuto di zuccheri (per esempio fruttosio, glucosio o saccarosio) nelle bevande, in primo luogo nei succhi di frutta, si aggiungono microrganismi non geneticamente modificati che li scindono e li trasformano in fibre, senza compromettere le altre sostanze nutritive presenti. Si tratta, di fatto, di una fermentazione, da compiere durante la lavorazione. 

L’idea – e la tecnologia per realizzarla – è della Better Juice, un’azienda israeliana nata in seguito a un progetto finanziato con i fondi europei di Horizon 2020. Il calo degli zuccheri andrebbe dal 30 all’80% (il valore ideale sarebbe compreso tra 25 e 30%) e ciò potrebbe consentire ad altre aziende che se ne servissero di scrivere qualcosa come ‘a basso contenuto di zuccheri’, una dicitura che potrebbe risultare molto attraente per i consumatori.

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