Su “Il Salvagente” inchiesta su prosecco e pesticidi

Difficile immaginare un exploit più potente nel mondo viniviticolo come quello del prosecco negli ultimi anni. Una crescita che si è mantenuta a doppia cifra e che sta scalzano il cugino blasonato champagne da molte tavole in Italia e all’estero. Oltre 500 milioni di bottiglie vendute in tutto il mondo ogni anno, garantiscono un fatturato enorme per il made in Italy, ma possiamo essere altrettanto entusiasti per la qualità delle sostanze utilizzate per produrre le bollicine più famose d’Italia? Il periodico “Il Salvagente” parte da questa domanda per verificare la quantità di residui chimici contenuti in alcuni dei prosecchi più diffusi nei supermercati. Di certo la fascia più venduta al grande pubblico del nostro paese. Sono state portate in laboratorio dodici prodotti chiedendo agli esperti di rilevare e quantificare la presenza di ben 352 sostanze tra solfiti, erbicidi, diserbanti, fungicidi. Ciò che viene scoperto è sorprendente: tutte e dodici le bottiglie presentavano almeno un residuo di pesticida, con una media di sei a testa. Due dati su cui riflettere: anche l’unico prosecco biologico controllato ha mostrato residui di un pesticida, il folpet, vietato in agricoltura bio. Con ogni probabilità, viste anche le quantità minime rilevate, una contaminazione involontaria. All’estremo opposto un prodotto, con ben 7 funcigidi differenti. Fanno quindi bene i cittadini a preoccuparsi per il massiccio utilizzo di sostanze chimiche nei vigneti di Veneto e Friuli-Venezia-Giulia?