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Marcato (Confimi Alimentare): “Con l’horeca chiuso si abbassano anche le serrande delle pmi alimentari”

Nuove ombre sulle pmi alimentari che, tra le grandi escluse dal Decreto Ristori, vedono nero anche il 2021: e il 70% infatti non crede di riuscire a recuperare il fatturato perso neppure tra 12 mesi. 

Vittime indirette delle nuove misure governative le pmi del food “Made in Italy” sono di fatto colpite negli affari: basti pensare che il 30% del totale del fatturato nazionale dei consumi alimentari è regolato dal consumo di pasti fuori casa. E con la chiusura di bar, ristoranti e pizzerie, pasticcerie e gelaterie vengono penalizzati anche i prodotti alimentari di piccola produzione, prodotti di altissima qualità preferiti da chef e ristoratori, prodotti che di certo non sono adatti a vivere sugli scaffali della grande distribuzione.

Un settore in ginocchio anche se si guarda alle esportazioni: con l’Europa ferma a per combattere il virus, vengono meno anche i proventi dell’export su cui fanno affidamento circa il 45% delle imprese alimentari che esportano oltre il 50% della loro produzione.

È quanto emerge dall’indagine che Confimi Industria Alimentare ha condotto intervistando i propri associati, un bacino di poco più di 3500 aziende con oltre 35.100 dipendenti. Un campione che - in riferimento alle misure economiche messe a disposizione dal Governo – è diviso a metà: solo il 50% ha fatto richiesta dei fondi messi a disposizione, interessandosi per lo più alla tranche da 30 mila euro. Eppure, un 10% non ha ancora ricevuto la somma.

Pmi resilienti e tenaci tanto che per 3/4 hanno abbandonato l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Non solo, addio allo smart working per il 93% del campione rispondente.

E rimanendo sul tema occupazione, le pmi del settore alimentare non sembrano attendere il 31 marzo, data in cui termina il blocco dei licenziamenti: il 53% degli imprenditori dichiara infatti che terrà stabile l’organico, il 26% prevede perfino nuove assunzioni (per lo più per affrontare il turnover) mentre solo il 17% ha in previsione una riduzione del personale.

“Un danno economico e sociale che non sembra avere una ricetta risolutiva a breve termine” spiega Pietro Marcato presidente di Confimi Alimentare. “Dal mio osservatorio poi sto assistendo a un fenomeno insolito per la mia generazione di imprenditore, lo studio di nuove operazioni, nuove strategie e progettualità – e fin qui nulla di nuovo, sottolinea Marcato – ma in sinergia con i partner storici e fidelizzati”. “Ancora una volta – ricorda in chiusura il presidente di Confimi Alimentare – le pmi privilegiano il territorio e i rapporti umani”.

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