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Confimi Industria e ANC: "l'esterometro trimestrale sopravvive fino a giugno. Criticità tempistica solo rinviata""

Sospiro di sollievo a tempo determinato. È questo il sentimento, misto incredulità, per l’assoluta maggioranza degli operatori che, per l’intanto, potranno confidare anche per il primo semestre 2022 negli attuali termini trimestrali di trasmissione dei dati delle operazioni da/verso controparti non residenti. L’ha deciso il Senato, in seno alla legge di conversione del collegato fisco lavoro (art. 5, comma 14-bis, D.L. 146/2021), rinviando l’applicazione delle novità che l’Amministrazione finanziaria, in completa gestione autoreferenziale, aveva, invece, pianificato un anno fa con la legge di bilancio 2021 (comma 1103 dell’art. 1 della L. 178/2020 modificativo dell’art. 1, comma 3-bis, del d.Lgs 127/2015).

Salvo sorprese il collegato concluderà, senza modifiche, il cammino in seconda lettura alla Camera dei deputati e pertanto, se in legge di Bilancio o altri provvedimenti d’urgenza non farà capolino l’ennesimo intervento a gamba tesa di Agenzia Entrate e Ministero, gli operatori potranno considerare rinviate dal 1° luglio 2022 le criticità che sarebbero entrate in vigore già per le operazioni effettuate dal prossimo 1° gennaio. Novità che, lato contribuente, rappresentano tutt’altro che una semplificazione (così sarebbero definite nella relazione tecnica, ndr), giacché gli operatori dovrebbero gestire: (i) l’invio a flusso continuo (stessi termini della fatturazione) dei dati delle operazioni attive; (ii) almeno 12 scadenze (invece delle 4 trimestrali) per l’invio dei dati delle operazioni passive, praticamente entro gli stessi termini previsti per l’applicazione del reverse charge (più precisamente “entro il quindicesimo giorno delle mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione”).

Nodo acquisti da non residenti. È il principale (anche se non l’unico) nodo critico. Come già sostenuto da ANC e Confimi Industria (vedi comunicato e nota tecnica del 4/10/2021 in materia di precompilate Iva 2021-2022) il punto legato alle criticità delle misure in analisi non è tanto il metodo informatico di trasmissione dei dati (singoli TD17, TD18 o TD19 oppure spedizioni trimestrali raggruppate alla “vecchia” maniera) quanto il fatto di doverlo gestire entro la scadenza del 15 del mese successivo. L’uso dei singoli documenti XML, operativamente, potrebbe anche rappresentare una semplificazione (si pensi all’ipotesi in cui il proprio software gestionale consenta all’operatore di annotare nei registri vendite/acquisti l’acquisto effettuato e generare automaticamente un XML da inviare nell’istante al SdI) ma è la scadenza imposta ad essere inadeguata per la assoluta maggioranza degli operatori amministrativi (di studi e imprese) che, al netto della miriade di adempimenti in scadenza a metà mese, entro il giorno 15 spesso non hanno nemmeno conoscenza del fatto da comunicare (si pensi al noto “incubo” legato alla gestione degli acquisti effettuati dal contribuente tramite internet ed intercettati dagli estratti conto delle carte di credito consultabili solo ben oltre la data citata).

L’insensibilità. Quello dell’insensibilità dell’Amministrazione finanziaria circa le dinamiche gestionali concrete degli operatori non è una novità se solo si ricorda (rimanendo giusto a tema) come dai lavori preparatori alla legge di bilancio 2018 (quella che ha introdotto l’obbligo della fatturazione elettronica dal 2019) l’adempimento venisse proposto addirittura entro il 5 del mese successivo (sì, avete letto bene: è scritto nell’art. 77 del “bollinato” della citata legge di bilancio 2018 - AS2960, ndr). Insensibilità, cosa ancora più grave, che sotterra la volontà stessa del Parlamento se solo si pensa che la stretta nei termini di trasmissione introdotta dalla scorsa legge di bilancio (ribadita dall’AdE con il recente provvedimento 28/10/2021 n. 293384 di aggiornamento delle specifiche tecniche) spazzerà via il termine trimestrale (entro la fine del mese successivo) fortemente voluto con un emendamento bipartisan (16.4, 16.23, 16.21 e 58.2 rispettivamente in quota LEGA, FIBP-UDC, PD e M5S) approvato dalla Commissione Finanze della Camera nella sessione notturna di domenica 1° dicembre 2019 al DDL C.2220 di conversione del decreto fiscale, in vigore dal 25/12/2019 (comma 1-bis dell’art. 16 del D.L. n.124/2019).

Invito alla Commissione di vigilanza sull’Anagrafe tributaria. Vanno ringraziati, ovviamente, tutti i Senatori delle Commissioni Finanze e Lavoro per gli emendamenti, ancora una volta bipartisan (emendamenti 5.78, 5.79, 5.80, 5.82 e 5.0.29 rispettivamente in quota PD, IV-PSI, FdI, FIBP-UDC, M5S) che nel corso delle audizioni al D.L. 146 (AS 2446) hanno accolto le segnalazioni di ANC e Confimi Industria sulle criticità legate al superamento dei termini trimestrali introducendo quello che, per il momento, è, probabilmente, il massimo ottenibile ovvero un mero rinvio di 6 mesi (em. 5.82).

Va ribadito che è di tutta evidenza, tuttavia, che la “forzatura” che l’Amministrazione finanziaria vuole imporre non è dettata dalla volontà di semplificare la vita ai contribuenti: se così fosse lascerebbe agli stessi libertà di scelta su metodo e, soprattutto, tempistica (immediata o trimestrale). A tal riguardo basti osservare che – lato metodologia - nessun intervento normativo sarebbe stato necessario sulla norma primaria (art.1, comma 3-bis, d.Lgs 127/2015) se non per ottenere un forzato “avvallo politico” mirato ad azzerare la tempistica trimestrale decisa dal Parlamento a dicembre 2019; le specifiche tecniche, infatti, già prevedevano l’uso facoltativo delle classi documentali della fatturazione elettronica tanto per gli acquisti da non residenti (TD17, TD18, TD19 e TD20 in vigore dal 01/10/2020) quanto per le operazioni attive (TD01 fin dal 2019 e TD24, dal 01/10/2020).

Il motivo, quindi, lo confessa la relazione stessa al DDL Bilancio 2021, va ricondotto al fatto che la novità in analisi “consente all’Agenzia delle Entrate di elaborare in modo più completo le bozze dei documenti di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127” ovvero delle c.d. bozze delle “precompilate” Iva (registri e, previa eventuale convalida dei contribuenti, LiPe, F24 e DAI). In altri termini l’insensibilità dell’Amministrazione finanziaria è dettata dall’ambizione di voler a tutti i costi raggiungere semplificazioni (di facciata) che non interessano praticamente nessuno (si consideri, peraltro, il copioso elenco di esclusi contenuto nel provvedimento AdE 8/7/2021 n. 183994) ma che riescono, indistintamente, a complicare la vita a tutti (esclusi e non). Semplificazioni che l’Italia ha già venduto come “servizi supplementari ai contribuenti” alla Commissione europea in seno all’istruttoria (senza contraddittorio con i portatori d’interesse sulle valutazioni d’impatto, ndr) che concederà al bel Paese la possibilità di mantenere l’obbligo della fatturazione elettronica (nessuno avrebbe auspicato il contrario) anche per il prossimo triennio: lo si apprende (ed era scontato) dalla proposta della Commissione Europea COM (2021) 681 final del 5/11/2021 che a breve sarà formalizzata nella decisione di esecuzione del Consiglio.

A giudizio di ANC e Confimi Industria è invece fuori dubbio che il numero dei fruitori delle suddette precompilate (servizio sperimentale facoltativo, ricordiamolo) si potrà contare sulle dita; numeri lontani anni luce dai paventati 2 milioni di potenziali interessati di cui parla il comunicato AdE del 13 settembre 2021.

Ben venga quindi il rinvio di 6 mesi affinché, questo l’auspicio, la Commissione parlamentare per l’Anagrafe tributaria voglia verificare quanti contribuenti hanno effettivamente validato lo scorso 31 ottobre – previa modifica e integrazione - le bozze dei registri del 3° trimestre 2021 (primo appuntamento) e quanti lo faranno per prossimi 2 appuntamenti (31 gennaio e 31 maggio). L’indagine potrà portare alle dovute conclusioni reintroducendo a regime, se come riteniamo sarà confermato quanto risulta dal sentiment diffuso degli operatori, termini trimestrali a favore di tutti coloro a cui le precompilate (queste precompilate) semplicemente non interessano.

Forfettari ed esterometro. Fino al 31 dicembre 2021 l’Italia non può introdurre l’obbligo di fatturazione elettronica per i soggetti in franchigia. Lo vieta l’autorizzazione in scadenza a fine anno (decisione di esecuzione (UE) 2018/593) ma è già noto (COM, cit) che l’Unione europea autorizzerà l’Italia a prorogare l’obbligo di fatturazione elettronica nel rapporto fra non residenti rimuovendo il precedente divieto di estenderlo ai soggetti in franchigia. È per tutti già scontato, quindi, che le prossime mosse (questione di giorni) saranno quelle di rimuovere dalla norma nazionale (art.1, comma 3, del d.Lgs 127/2015) l’esclusione dall’obbligo della FE per forfettari e minimi (platea salita - dato 2019 - a circa 1,7 milioni di partite Iva); tutte da decifrare, però, le intenzioni sull’esterometro per questi soggetti giacché – senza una esclusione esplicita – l’obbligo di FE determinerebbe automaticamente l’obbligo anche dell’esterometro (come avviene per tutti gli altri obbligati).

I limiti dell’autorizzazione UE. Confermato il divieto di imporre il formato elettronico ai soggetti non stabiliti, la suddetta autorizzazione confermerà (in deroga all’articolo 232 della direttiva) l’uso della fatturazione elettronica senza l’accordo con il destinatario. A tal proposito è il caso di osservare che l’articolo 224 della direttiva – che non gode, invece, di deroghe autorizzate - prevede che le fatture possono essere compilate dal destinatario purché ogni fattura sia oggetto di un’accettazione da parte del fornitore. Da ciò l’opportunità di chiarire (normativamente viste le tesi notoriamente restrittive dell’AdE che negano di poter agevolmente invocare la natura di violazione meramente formale ai sensi dell’articolo 6, comma 5-bis, del d.Lgs 472/97) che in mancanza di detto accordo l’invio tardivo del flusso elettronico TD17, TD18 e TD19 non potrà mai essere sintomatico di violazioni sostanziali ex articolo 6 del D.Lgs 471/97 (omessa/tardiva fatturazione/autofatturazione), così come andrebbe esclusa l’applicazione di quelle formali dell’articolo 1, comma 2-quater, del medesimo decreto (2 euro per fattura nel limite di € 400 mensili) laddove l’operazione abbia tempestivamente concorso alla liquidazione dell’Iva di riferimento; diversamente significherebbe che con l’uso delle nuove specifiche (su operazioni passive e attive) l’Italia mira ad aggirare, in modo surrettizio, i limiti dell’autorizzazione che, nei relativi considerando, confermerà altresì come la stessa “non dovrebbe incidere sul diritto del consumatore di ricevere fatture in formato cartaceo nel caso di operazioni intracomunitarie”.

Le potenzialità. In conclusione, le potenzialità della fatturazione elettronica non sono in discussione. Il sistema va migliorato ma con il confronto dei contribuenti e di chi li rappresenta; solo così Agenzia delle entrate e Mef potranno togliersi delle soddisfazioni condivise di fronte ad un lavoro immenso – va riconosciuto – senza dover “paventare” stime ipotetiche sui risultati in termini di lotta all’evasione (quali appaiono quelle fornite lo scorso 31 marzo alla Commissione Europea come emerge dal documento retro citato) o rappresentare semplificazioni autoreferenziali.

Fra i miglioramenti plausibili, già portanti all’attenzione di MEF e AdE: (i) la possibilità di superare con la fatturazione elettronica l’obbligo di presentazione degli elenchi Intrastat (basta decidere come implementare la compilazione degli “altri dati gestionali” per le informazioni di interesse dell’Istat), (ii) di superare gli adempimenti in materia di integrazione delle fatture interne in materia di reverse charge TD16 (basta renderlo gestionalmente simile, visto che non lo si vuole eliminare, allo split payment), di (iii) introdurre l’upload di fatture elettroniche XML (che molti contribuenti stanno emettendo nonostante l’esonero anche al fine di scongiurare l’esterometro) o di altri dati aggregati ai fini della compilazione delle dichiarazioni trimestrali in regime speciale OSS per l’e-commerce. Infine, non da ultimo, (iv) l’opportunità di favorire fra gli operatori B2B il rispetto dei termini di pagamento attraverso una procedura che, in fatturazione elettronica, consenta al fornitore che riceve l’insoluto di attivare una variazione (con verifiche mirate) ex articolo 26 che obblighino il cessionario/committente a riversare l’Iva detratta ma non pagata al fornitore e (v) l’opportunità di dare attuazione su scala nazionale al baratto finanziario fra crediti e debiti risultanti dalla fatturazione elettronica (la norma c’è, da un anno, mancano solo i provvedimenti attuativi).

Di tutto questo, ma anche di Manovra e Riforma Fiscale Confimi Industria e ANC parleranno con le forze politiche e del Governo martedì 14 dicembre in occasione dell’evento nazionale dedicato alla presentazione del “Manifesto per la Politica” scritto a quattro mani da imprese e professionisti. L’appuntamento sarà trasmesso in diretta streaming sulla pagina facebook della Web Tv ANC https://www.facebook.com/ANC-Webtv-106072559555086/

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