Skip to main content

Confimi Alimentare: non solo dazi, l’agroalimentare ogni anno perde negli USA oltre 2 miliardi di euro

Ogni bottiglia non spedita, ogni etichetta non tradotta, ogni dazio non negoziato costa all’Italia non solo milioni di euro in mancato export, ma anche quote invisibili di reputazione internazionale.

È quanto emerge da una nuova analisi delle dinamiche di accesso al mercato statunitense da parte delle PMI agroalimentari di Confimi Industria, che evidenzia perdite stimate in oltre 2,1 miliardi di euro annui: non solo per prodotti non venduti, ma per valore aggiunto che si sposta altrove — verso sostituti locali, produzioni italo-americane e perfino contraffazioni legalizzate.

“Non stiamo solo perdendo terreno commerciale, ma anche narrativo,” spiega Alessandro Tatone, presidente di Confimi Alimentare. “Le PMI italiane non riescono a presidiare il racconto del Made in Italy negli Stati Uniti, lasciando spazio a versioni distorte o appiattite della nostra eccellenza.”

L'indagine sottolinea un aspetto spesso trascurato: il 68% delle PMI italiane del settore alimentare non ha mai avuto un distributore stabile negli USA, e oltre la metà non è in grado di affrontare le barriere doganali e regolamentari da sola. Questo genera una “perdita occulta” stimata in 700 milioni di euro l’anno, legata alla mancata valorizzazione del prodotto italiano rispetto ai concorrenti esteri.

A preoccupare ora è anche l’effetto moltiplicatore dei dazi annunciati: un aggravio che rischia di amplificare il fenomeno dell’Italian Sounding, già oggi stimato in oltre 70 miliardi di euro solo nel mercato statunitense. “Con l’aumento dei costi di accesso, intere fasce di micro e piccole imprese rischiano l’esclusione dal mercato americano,” aggiunge Tatone, “e questo spalancherebbe le porte a imitazioni che, pur legali, svuotano di significato il valore del vero agroalimentare italiano.”

Ma non è solo una questione economica: si tratta anche di posizionamento strategico. Il Made in Italy rischia di diventare un’etichetta nostalgica, invece di un marchio competitivo.

“Oggi l'emergenza è legata ai dazi, un danno ulteriore e incalcolabile. È tempo di trattare il cibo come un asset geopolitico, non solo commerciale,” conclude Tatone.

Cookies user preferences
We use cookies to ensure you to get the best experience on our website. If you decline the use of cookies, this website may not function as expected.
Accept all
Decline all
Analytics
Tools used to analyze the data to measure the effectiveness of a website and to understand how it works.
Google Analytics
Accept
Decline
Save