Confimi Industria: incontro Agenzia delle Entrate. La direttrice Rossella Orlandi ha incontrato il DG di Confimi Fabio Ramaioli e il responsabile fiscale nazionale Francesco Zuech
Alla cortese attenzione del Sistema Confimi Industria
Nella giornata di mercoledì 2 settembre, si è tenuto l’incontro presso la sede romana dell’Agenzia delle Entrate fra il Direttore dell’Agenzia Rossella Orlandi e Confimi Industria rappresentata dal Direttore Generale Fabio Ramaioli e dal Responsabile Fiscale nazionale Francesco Zuech.
L’incontro, che nasce da continui contatti fra le parti, ha visto la trattazione di diversi temi fra i quali le proposte della nostra Confederazione sul recupero Iva insoluti e sul tema Imu/Tasi degli “Imbullonati” sul quale abbiamo ribadito la nostra posizione di assoluta contrarietà.
Un altro tema trattato con la struttura dell’Agenzia è stato quello delle criticità per le lavorazioni intracomunitarie senza rientro.
L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per ribadire la volontà di collaborare, come già avviene da diverso tempo, e di partecipare ai tavoli di confronto con l’Agenzia delle entrate nel tentativo di facilitare sempre di più il rapporto Agenzia-Imprese.
Queste, in sintesi, le principali tematiche che sono state oggetto di confronto:
1) Proposta recupero Iva insoluti
Proseguono le iniziative di Confimi per promuovere la proposta, lanciata lo scorso giugno, di estendere la possibilità di recupero dell’Iva sui crediti insoluti. L’iniziativa fa seguito ai positivi riscontri emersi dal sondaggio somministrato alle imprese del sistema e mira a favorire il virtuosismo nel rispetto dei termini di pagamento fra gli operatori (B2B). Si tratta di offrire al fornitore che riceve un insoluto la possibilità di attivare una procedura che, attraverso il monitoraggio dell’Agenzia delle Entrate, gli consenta di recuperare l’Iva (già versata all’Erario) costringendo al contempo il cliente debitore (che l’aveva precedentemente detratta) a riversarla. Il ruolo dell’Agenzia dovrà fungere da garante contro eventuali abusi. La possibilità del creditore insoddisfatto di attivare (in via facoltativa) tale procedura fungerà da deterrenza affinché il debitore rispetti i termini di pagamento poiché, in caso contrario, il cliente dovrà riversare l’Iva detratta con la concreta possibilità di subire controlli mirati da parte dei verificatori. La proposta è stata ufficialmente inoltrata lo scorso 19 giugno al MEF e all’Agenzia delle Entrate. La dott.ssa Orlandi si è dichiarata interessata e si è impegnata a far verificare la praticabilità al proprio staff. La proposta è stata analizzata anche dalla Direzione legislazione del Dipartimento delle finanze del MEF che lo scorso 7 luglio ci ha comunicato di attendere le considerazioni che vorrà formulare sul tema l’Agenzia. La proposta di Confimi – su cui proseguiranno azioni di sensibilizzazione anche in sede parlamentare - è stata inoltrata anche al sottosegretario del MEF, On. Enrico Zanetti, che lo scorso giugno ci ha manifestato il proprio interesse per l’iniziativa.
2) Criticità per le lavorazioni intracomunitarie senza rientro
L’art. 13 della legge n. 114/2015 (Comunitaria 2014) in vigore dallo scorso 18/08/2015 ha recepito gli “insegnamenti” della Corte di Giustizia(sentenza 6/3/2014) che considerano “trasferimenti per esigenze dell’impresa” i beni inviati in conto lavorazione in altro Stato comunitario laddove i prodotti lavorati non rientrino – a fine lavorazione – nel paese da cui sono stati inizialmente spediti. Dal punto di vista normativo tale evenienza obbliga il committente ad identificarsi (cioè ad aprire una partita Iva) nel Paese del lavorante al fine di ivi prendere in carico (alla stregua di un acquisto intracomunitario assimilato) i beni da lavorare. Le complicazioni – dal punto di vista operativo – sono piuttosto evidenti e le ipotesi non così improbabili. Si pensi – a titolo esemplificativo – ai beni che non rientrano perché oggetto di perizie o prove tecniche distruttive oppure perché nel frattempo venduti nel paese del lavorante oppure verso altro Stato. Le criticità che possono coinvolgere le imprese nazionali, tanto nella veste di lavoranti nazionali (terzisti), quanto nella veste di committenti, sono state evidenziate da Confimi. L’Agenzia non ha ancora avuto occasione di riflettere sulle conseguenze di queste novità che il legislatore nazionale ha dovuto recepire per scongiurare rischi di infrazione comunitaria per disallineamento alle norme della Direttiva Iva. A tal riguardo Confimi ha auspicato l’opportunità di adottare in Italia approcci interpretativi “distensivi” volti a minimizzare gli aspetti sanzionatori. Un approccio eccessivamente rigido potrebbe infatti provocare il dirottamento delle lavorazioni verso paesi meno intransigenti, con danni per il sistema manifatturiero nazionale. Infine, nulla è cambiato, comunque, in merito al trattamento fiscale (ma questa è un’altra questione) dei corrispettivi della lavorazione che rimane legato al luogo di stabilimento del committente soggetto passivo (inversione contabile art. 7-ter co.1/a del DPR 633/72).
Nella giornata di mercoledì 2 settembre, si è tenuto l’incontro presso la sede romana dell’Agenzia delle Entrate fra il Direttore dell’Agenzia Rossella Orlandi e Confimi Industria rappresentata dal Direttore Generale Fabio Ramaioli e dal Responsabile Fiscale nazionale Francesco Zuech.
L’incontro, che nasce da continui contatti fra le parti, ha visto la trattazione di diversi temi fra i quali le proposte della nostra Confederazione sul recupero Iva insoluti e sul tema Imu/Tasi degli “Imbullonati” sul quale abbiamo ribadito la nostra posizione di assoluta contrarietà.
Un altro tema trattato con la struttura dell’Agenzia è stato quello delle criticità per le lavorazioni intracomunitarie senza rientro.
L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per ribadire la volontà di collaborare, come già avviene da diverso tempo, e di partecipare ai tavoli di confronto con l’Agenzia delle entrate nel tentativo di facilitare sempre di più il rapporto Agenzia-Imprese.
Queste, in sintesi, le principali tematiche che sono state oggetto di confronto:
1) Proposta recupero Iva insoluti
Proseguono le iniziative di Confimi per promuovere la proposta, lanciata lo scorso giugno, di estendere la possibilità di recupero dell’Iva sui crediti insoluti. L’iniziativa fa seguito ai positivi riscontri emersi dal sondaggio somministrato alle imprese del sistema e mira a favorire il virtuosismo nel rispetto dei termini di pagamento fra gli operatori (B2B). Si tratta di offrire al fornitore che riceve un insoluto la possibilità di attivare una procedura che, attraverso il monitoraggio dell’Agenzia delle Entrate, gli consenta di recuperare l’Iva (già versata all’Erario) costringendo al contempo il cliente debitore (che l’aveva precedentemente detratta) a riversarla. Il ruolo dell’Agenzia dovrà fungere da garante contro eventuali abusi. La possibilità del creditore insoddisfatto di attivare (in via facoltativa) tale procedura fungerà da deterrenza affinché il debitore rispetti i termini di pagamento poiché, in caso contrario, il cliente dovrà riversare l’Iva detratta con la concreta possibilità di subire controlli mirati da parte dei verificatori. La proposta è stata ufficialmente inoltrata lo scorso 19 giugno al MEF e all’Agenzia delle Entrate. La dott.ssa Orlandi si è dichiarata interessata e si è impegnata a far verificare la praticabilità al proprio staff. La proposta è stata analizzata anche dalla Direzione legislazione del Dipartimento delle finanze del MEF che lo scorso 7 luglio ci ha comunicato di attendere le considerazioni che vorrà formulare sul tema l’Agenzia. La proposta di Confimi – su cui proseguiranno azioni di sensibilizzazione anche in sede parlamentare - è stata inoltrata anche al sottosegretario del MEF, On. Enrico Zanetti, che lo scorso giugno ci ha manifestato il proprio interesse per l’iniziativa.
2) Criticità per le lavorazioni intracomunitarie senza rientro
L’art. 13 della legge n. 114/2015 (Comunitaria 2014) in vigore dallo scorso 18/08/2015 ha recepito gli “insegnamenti” della Corte di Giustizia(sentenza 6/3/2014) che considerano “trasferimenti per esigenze dell’impresa” i beni inviati in conto lavorazione in altro Stato comunitario laddove i prodotti lavorati non rientrino – a fine lavorazione – nel paese da cui sono stati inizialmente spediti. Dal punto di vista normativo tale evenienza obbliga il committente ad identificarsi (cioè ad aprire una partita Iva) nel Paese del lavorante al fine di ivi prendere in carico (alla stregua di un acquisto intracomunitario assimilato) i beni da lavorare. Le complicazioni – dal punto di vista operativo – sono piuttosto evidenti e le ipotesi non così improbabili. Si pensi – a titolo esemplificativo – ai beni che non rientrano perché oggetto di perizie o prove tecniche distruttive oppure perché nel frattempo venduti nel paese del lavorante oppure verso altro Stato. Le criticità che possono coinvolgere le imprese nazionali, tanto nella veste di lavoranti nazionali (terzisti), quanto nella veste di committenti, sono state evidenziate da Confimi. L’Agenzia non ha ancora avuto occasione di riflettere sulle conseguenze di queste novità che il legislatore nazionale ha dovuto recepire per scongiurare rischi di infrazione comunitaria per disallineamento alle norme della Direttiva Iva. A tal riguardo Confimi ha auspicato l’opportunità di adottare in Italia approcci interpretativi “distensivi” volti a minimizzare gli aspetti sanzionatori. Un approccio eccessivamente rigido potrebbe infatti provocare il dirottamento delle lavorazioni verso paesi meno intransigenti, con danni per il sistema manifatturiero nazionale. Infine, nulla è cambiato, comunque, in merito al trattamento fiscale (ma questa è un’altra questione) dei corrispettivi della lavorazione che rimane legato al luogo di stabilimento del committente soggetto passivo (inversione contabile art. 7-ter co.1/a del DPR 633/72).