Alberti – Confimi Industria su dimissioni digitali: “La nuova norma non tutela contro i “furbetti delle dimissioni”, decine di migliaia di imboscati che costano a imprese e Inps”.
Alberti – Confimi Industria su dimissioni digitali: “La nuova norma non tutela contro i “furbetti delle dimissioni”, decine di migliaia di imboscati che costano a imprese e Inps”.
Dal 12 marzo entrano in vigore le dimissioni digitali. Da sabato, quindi, un lavoratore che vorrà abbandonare liberamente il proprio posto dovrà sottostare a una procedura informatica tutt’altro che semplice. Ancora una volta, non solo tempo perso per il lavoratore, ma anche nuovi adempimenti per le imprese.
“Abbiamo già espresso tutta la nostra perplessità quando la norma veniva presentata”. Ricorda Arturo Alberti, Vice Presidente Vicario con delega alle relazioni industriali di Confimi Industria, la Confederazione dell’industria manifatturiera italiana e dell’impresa privata. "La nuova procedura è un percorso a ostacoli, aggravato da un farraginoso diritto di ripensamento e da eventuali sanzioni del tutto sproporzionate”. E prosegue Alberti: “L’uscita della circolare con le istruzioni ministeriali non fa che aumentare le perplessità, merito anche di un paio di passaggi, che potremmo definire quanto meno fantasiosi”.
Non sembra un caso che il Ministero, con tutta la Pubblica Amministrazione, abbia deciso di autoescludersi dall’applicazione della norma. E così, il problema resta per tutti gli altri. “L’imbarazzo degli estensori traspare chiaramente dall’uso del condizionale” La norma, infatti, dice che il datore di lavoro dovrebbe invitare il lavoratore a compilare il modulo. “Insomma poca convinzione anche da parte del regolatore” continua il Vice Presidente.
E cosa ancor più grave, la nuova norma non offre alcun rimedio contro quei soggetti che vogliono andarsene dall’azienda, lucrando però sull’indennità di disoccupazione, e che per questo si limitano a rendersi irreperibili, provocando normalmente un licenziamento disciplinare, che all’azienda costa quantomeno il “ticket Naspi” fino a circa 1.500 euro e all’Inps 24 mesi di immeritata indennità, in media 24.000 euro. “Insomma uno spreco non da poco se si pensa che rientrano in questo calderone il 5% delle dimissioni ogni anno, parliamo di alcune decine di migliaia di casi”.
“Comportamenti del genere vanno sempre condannati e scoraggiati” dice Alberti “E se la norma non tutela le imprese, queste devono trovare il modo di farlo da sole evitando provvedimenti disciplinari ma indicando come assente ingiustificato il lavoratore che non adempie agli obblighi” E conclude il vice presidente vicario di Confimi: “Non stiamo parlando certo di un rimedio a costo zero, ma non ha niente a che vedere con gli importi che raggiungerebbero ticket Naspi e spese Inps”.
Dal 12 marzo entrano in vigore le dimissioni digitali. Da sabato, quindi, un lavoratore che vorrà abbandonare liberamente il proprio posto dovrà sottostare a una procedura informatica tutt’altro che semplice. Ancora una volta, non solo tempo perso per il lavoratore, ma anche nuovi adempimenti per le imprese.
“Abbiamo già espresso tutta la nostra perplessità quando la norma veniva presentata”. Ricorda Arturo Alberti, Vice Presidente Vicario con delega alle relazioni industriali di Confimi Industria, la Confederazione dell’industria manifatturiera italiana e dell’impresa privata. "La nuova procedura è un percorso a ostacoli, aggravato da un farraginoso diritto di ripensamento e da eventuali sanzioni del tutto sproporzionate”. E prosegue Alberti: “L’uscita della circolare con le istruzioni ministeriali non fa che aumentare le perplessità, merito anche di un paio di passaggi, che potremmo definire quanto meno fantasiosi”.
Non sembra un caso che il Ministero, con tutta la Pubblica Amministrazione, abbia deciso di autoescludersi dall’applicazione della norma. E così, il problema resta per tutti gli altri. “L’imbarazzo degli estensori traspare chiaramente dall’uso del condizionale” La norma, infatti, dice che il datore di lavoro dovrebbe invitare il lavoratore a compilare il modulo. “Insomma poca convinzione anche da parte del regolatore” continua il Vice Presidente.
E cosa ancor più grave, la nuova norma non offre alcun rimedio contro quei soggetti che vogliono andarsene dall’azienda, lucrando però sull’indennità di disoccupazione, e che per questo si limitano a rendersi irreperibili, provocando normalmente un licenziamento disciplinare, che all’azienda costa quantomeno il “ticket Naspi” fino a circa 1.500 euro e all’Inps 24 mesi di immeritata indennità, in media 24.000 euro. “Insomma uno spreco non da poco se si pensa che rientrano in questo calderone il 5% delle dimissioni ogni anno, parliamo di alcune decine di migliaia di casi”.
“Comportamenti del genere vanno sempre condannati e scoraggiati” dice Alberti “E se la norma non tutela le imprese, queste devono trovare il modo di farlo da sole evitando provvedimenti disciplinari ma indicando come assente ingiustificato il lavoratore che non adempie agli obblighi” E conclude il vice presidente vicario di Confimi: “Non stiamo parlando certo di un rimedio a costo zero, ma non ha niente a che vedere con gli importi che raggiungerebbero ticket Naspi e spese Inps”.