Confimi Industria sul Referendum: “Le imprese chiedono al Governo un piano energetico nazionale”
A pochi giorni dal Referendum Confimi Industria vuole condividere alcune riflessioni che riguardano prima di tutto il futuro energetico del Paese. Il 17 aprile gli italiani non saranno chiamati a decidere per un blocco o meno delle trivellazioni al largo delle nostre coste. Oggi, infatti, in Italia, entro le 12 miglia, sono già vietate. Il tema dominante sarà quello di rendere utilizzabile o meno un giacimento già attivo fintanto che questo resta produttivo, anche oltre le concessioni. A questo punto la domanda dovrebbe essere: perché non è possibile estrarre tutto il petrolio o il gas presente in un giacimento ed essere costretti magari a rifornirsi dai mercati esteri?
In caso di abrogazione della norma, i dati e le proiezioni sono preoccupanti: per un comparto che ha raggiunto i 2 miliardi di euro di fatturato alla fine del 2014, si prevedrebbe una contrazione del 40-50%. Tutto questo a fronte di un aumento del fabbisogno energetico del 50%, che non può certo essere gestito con fonti unicamente rinnovabili.
Al contrario, un maggiore utilizzo del gas sarà invece fondamentale per creare quel mix di fonti energetiche necessario per far fronte allo sviluppo e al contenimento delle emissioni. Non possiamo demonizzare l’oil&gas, al contrario una gestione seria vorrebbe che la questione andasse affrontata, non con una consultazione popolare, ma fuori dalle urne attraverso l’elaborazione di un Piano Energetico Nazionale. Almeno questo è il parere delle imprese che oggi costituiscono il tessuto produttivo italiano.
Insomma siamo di fronte a un procedimento che si palesa come privo di logica e che rischia di mettere in ginocchio un settore produttivo già in grave crisi. E non a caso oggi facciamo nostra la riflessione di Confimi Romagna, territorio che tra diretto e indotto, rappresenta uno dei principali poli italiani dell’oil&gas.