Il MAECI promuove "Ritratto di Donna". Vi presento il mio, Carla Tomasi
Non bussa alla porta, non fa suonare il telefono, quando il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ti invita a rappresentare la cultura italiana nel mondo lo fa prendendoti alla sprovvista.
Una manciata di secondi dopo mi sono ritrovata tra le 10 donne volute per raccontare l’Italia di oggi attraverso le loro voci e le loro storie in qualità di protagoniste della scena culturale italiana contemporanea.
Perché proprio io? Potrei archiviare la domanda ascrivendo il tutto a “una questione di sintesi” che ha preso il via sui banchi di scuola. Ma sarebbe ingeneroso, nei confronti di quello che faccio ogni giorno da anni e di chi mi sta leggendo. Procediamo quindi con ordine e metodo (tra l’altro, due aspetti fondamentali della mia professione).
Sono un’imprenditrice nel campo del restauro. E sono stata scelta per rappresentare l'Italianità proprio grazie alla mia professione.
Vi racconto qualcosa di me proprio attraverso il “Ritratto di donne” pensato dalla Farnesina.
Terminati gli studi presso l’Istituto Centrale del Restauro nel 1982, Carla Tomasi fonda la propria impresa e in pochi anni inizia a lavorare su monumenti e opere di assoluto rilievo. Nel 1985 la sua società è capocantiere nel restauro dell’Arco di Costantino a Roma, patrimonio UNESCO, cui seguiranno i restauri di oltre 180 opere pubbliche in tutta Italia. Dal 2004 al 2008 partecipa al restauro della Cappella Palatina di Palazzo dei Normanni a Palermo, anch’essa patrimonio UNESCO. Nel 2016 viene avviato il cantiere della Cappella della Sacra Sindone di Torino, vincitore del premio European Heritage Awards 2019 di Europa Nostra. Specializzata nel restauro di emergenza, la società è intervenuta nei piani di messa in sicurezza per i beni danneggiati in seguito al sisma dell’Aquila con il cantiere pilota della Chiesa di San Silvestro.
Cosa mi ha portato a lavorare in un campo così poco conosciuto, di cui l’Italia rappresenta un’indiscussa eccellenza nel mondo è stata – in parte – la mia indecisione di ragazza. A liceo non avevo una predilezione per le materie scientifiche o quelle umanistiche, mi dilettavo in entrambe con discreto successo. Fu il mio fidanzato di allora, e mio attuale marito, a propormi di visitare l’Istituto Centrale del Restauro. Rimasi folgorata. In quell’ateneo si respirava la sintesi perfetta di quello che inconsciamente cercavo: applicazione e visione. E aveva un nome, la diagnostica preventiva.
E quale Paese al mondo meglio dell’Italia poteva rappresentare il luogo perfetto in cui esercitare tale professione. Il Belpaese è uno scrigno di opere specialistiche, siti che vanno conservati e manutenuti. Perché se il “costruire” è di certo una capacità italiana, la manutenzione deve tenere conto di quello che già c’è. Richiede un’eccellente capacità di analisi, di progettazione, di intervento.
Richiede inoltre, un’elevata specializzazione, ancora più perché parliamo di un patrimonio pubblico, universale. Specializzazione nei processi, nell’ideazione, dei mezzi e delle persone.
L’aver scelto di raccontare un’imprenditrice del mondo del restauro è un segnale istituzionale importante.
Che la mia figura - di donna e imprenditrice - sia stata selezionata è un'attestazione prestigiosa e un riconoscimento di cui mi sento onorata ed al tempo stesso responsabile, come nel “Ritratto di donna” del progetto MAECI.