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Tatone (Confimi Alimentare): “Produrre in perdita o carrello della spesa insostenibile"

"I continui aumenti delle materie prime si stanno trasformando in un carrello della spesa più caro e sarà sempre peggio". A esprimere preoccupazione è Alessandro Tatone, presidente di Confimi Alimentare che sottolinea “dopo essere stati travolti dal pauroso aumento delle materie prime e di quello di plastica, carta e vetro ci troviamo praticamente inermi a subire quello pieno dell'energia del +400%”.

Le piccole e medie imprese del settore agroalimentare non sanno più come fronteggiare il crescente aumento dei costi produttivi, costi di cui spesso sono costretti a farsi carico per rispettare le leggi di mercato spiega Tatone. "Gli accordi con la GDO sono per lo più annuali, ma in meno di sei mesi è tutto cambiato" sottolinea il numero uno di Confimi Alimentare e la situazione si è fatta drammatica.

"Il made in Italy agroalimentare ha un costo, si chiama qualità e va tutelata" ribadisce il presidente di Confimi Alimentare "è necessario intervenire tempestivamente su tutta la filiera o rischiamo di perdere numerose imprese, per chiusura o delocalizzazione, con l'immenso costo sociale che ne deriverà".

L'impatto economico ci sarà comunque, avverte infine Tatone "l'ondata inflattiva potrebbe essere solo all'inizio e dopo due anni di sforzi enormi per superare la pandemia il rischio sarebbe non riuscire a superare questo nuovo ostacolo".  

Obbligatoria in Francia la dichiarazione d’origine per la carne servita in ristoranti e mense

Et voilà, il piatto è servito! E proviene da… Con il primo marzo prossimo nei ristoranti francesi, ma anche nelle mense scolastiche, aziendali e ospedaliere dovrà essere indicata l’origine della carne servita a tavola. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta alla fine di gennaio si conclude un iter che era partito nel 2019, quando il Paese d’oltralpe ne aveva fatto richiesta a Bruxelles. Dal mese prossimo, quindi, i ristoratori francesi, ma anche tutti coloro che a vario titolo servono piatti a base di carne per il consumo fuori casa, avranno il dovere di comunicare agli avventori dei locali le informazioni su luogo di allevamento e di macellazione di suini, ovini e volatili. Si tratta, in pratica, dei dati presenti in etichetta in base alregolamento europeo del 2013 .

Dal 2002, sotto la spinta della crisi dell’encefalopatia bovina spongiforme (Bse, più nota come ‘mucca pazza’), che ha costretto gli operatori a garantire la tracciabilità completa, questo tipo di informazioni era già fornita per le carni bovine sul menu dei ristoranti francesi. L’indicazione dell’origine degli animali, oltreché essere un modo per “sostenere le fattorie e mantenere un legame con gli allevatori”, come ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura francese Julien Denormandie, è soprattutto una questione di trasparenza e di tracciabilità.

La lezione delle carni bovine non sembra però corroborare l’augurio del ministro per quanto riguarda il sostegno alle produzioni locali. A vent’anni dall’entrata in vigore dell’obbligo d’informazione sull’origine e nonostante gli sforzi della filiera, il consumo delle carni bovine di origine francese in patria, secondo quanto dichiarato dal sito della radio pubblica Franceinfo, è rimasto stabile. Uno sviluppo simile potrebbe quindi determinarsi anche per le altre carni, visto che il contributo principale ai consumi fuori casa, in termini di volumi, proviene dalle mense e in questo tipo di organizzazioni gli approvvigionamenti sono soggetti a gare d’appalto pubbliche dove spesso è il prezzo ad avere l’ultima parola.

Secondo i dati forniti dal ministero dell’Agricoltura francese, il 50% della carne consumata nelle mense scolastiche viene attualmente importata, una quota che sale al 60% se si considera nello specifico il pollame nella ristorazione collettiva. Nonostante i dubbi sull’effettiva efficacia dell’iniziativa, il ministro è fiducioso e parla di “un’aspettativa fortissima da parte dei genitori degli studenti e dei consumatori”.  

OLIO, VIA LIBERA AL PEGNO ROTATIVO

Da qualche giorno anche chi produce olio extravergine d’oliva Dop e Igp può beneficiare del cosiddetto pegno rotativo, uno strumento finanziario introdotto con il decreto legge Cura Italia per garantire liquidità anticipata alle imprese rispetto ai tempi standard necessari per completare il ciclo produttivo. Finora il pegno rotativo era stato infatti riservato alle aziende del comparto vitivinicolo, ma con l’implementazione del Sistema informatico agricolo nazionale (Sian), dove sono registrate le operazioni di movimentazione dell’olio, adesso potrà essere utilizzato anche dagli olivicoltori.                                                                                                                                                                                                                                    MAGGIORI OPPORTUNITÀ DI ACCESSO AL CREDITO -   Le banche avranno modo di immettere immediata disponibilità economica alle aziende, e di farlo con la massima sicurezza, mentre queste ultime potranno occuparsi con più tranquillità del prodotto finale e della sua collocazione sul mercato. “L’opportunità di accesso al credito – spiega il Presidente di Confagricoltura Toscana,  Marco Neri – ha permesso, a pochi mesi dalla sua entrata in vigore, di iniettare oltre 30 milioni di euro di liquidità nelle imprese agricole. Il fatto che adesso venga allargata ai produttori di olio è una notizia che ci riempie di soddisfazione. E anche una boccata d’ossigeno, perché le nostre aziende sono alle prese con un periodo di difficoltà in cui devono fronteggiare un forte aumento dei costi”. “A seguito dell’apertura del pegno rotativo al settore olivicolo – conclude Neri – Confagricoltura ha iniziato una serie di incontri con le banche operanti su tutto il territorio nazionale, per predisporre le apposite convenzioni che a breve saranno comunicate alle associate”.      

 

Aumento dei prezzi: i rincari negli ultimi 12 mesi oli di semi (+19,9%), frutta e ver-dura (+13,5), burro (+10,8%) e pasta (+10%)

L’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica dei prodotti alimentari che hanno registrato negli ultimi 12 mesi (gennaio 2021-gennaio 2022) il maggiore aumento dei prezzi. Per redigere la tabella sono stati presi in considerazioni i dati diffusi dall’Istat. In testa alla top 20 dei prodotti troviamo gli oli diversi da quello di oliva, che costano il 19,9% in più rispetto a un anno fa. Al secondo posto i vegetali freschi (diversi dalle patate) con +13,5%. Sul gradino più in basso si colloca il burro, che cresce del 10,8%. Al quarto pasto si inserisce il prodotto simbolo della cucina italiana, la pasta, che svetta con il 10%. Seguono i frutti di mare freschi o refrigerati con un incremento dell’8,4% e la farina con +6,7%. In coda troviamo la frutta fresca o refrigerata, il pesce fresco o refrigerato, la margarina e i succhi di frutta che registrano un incremento di circa il 5%. 

Il gruppo dei vegetali surgelati si colloca in undicesima posizione con +4,3%. La carne che ha subito maggiori rincari è quella ovina e caprina (+4,2%), che batte würstel, carne macinata e salsicce (al 16° posto con +3,6%). Il coniglio e la carne equina salgono di prezzo (+3,4%) così come il  pollame (+3,2%). Salgono, ma meno della media dei prodotti alimentari, l’olio di oliva +3,9%, il latte a lunga conservazione (+3,7%), il pane e lo zucchero (entrambi a +3,6%). Chiudono la top 20 le patate (+3,2%), l’acqua minerale (+3%) e il riso (+2,9%).  La buona notizia è che il caffè registra un debole aumento del 2%, la metà rispetto alla media dei prezzi dei prodotti alimentari. Bene anche il latte fresco intero (+1,1%).

 

Classifica dei 20 prodotti alimentari che anno subito i maggiori aumenti dei prezzi negli ultimi 12 mesi 

N

 Prodotto

Rincari negli ultimi 12 mesi

1

Oli alimentari (diversi da olio di oliva)

19,9

2

Vegetali freschi diversi da patate

13,5

3

Burro

10,8

4

Pasta (fresca e secca)

10

5

Frutti di mare freschi o refrigerati

8,4

6

Farina

6,7

7

Frutta fresca o refrigerata

5,5

8

Pesce fresco o refrigerato

5,1

9

Margarina e altri grassi vegetali

4,9

10

Succhi di frutta e verdura

4,8

11

Vegetali surgelati diversi da patate

4,3

12

Carne ovina e caprina

4,2

13

Gelati

4

14

Olio di oliva

3,9

15

Latte conservato

3,7

16

Pane

3,6

16

Altri preparati a base di carne (carne macinata, wurstel, salsicce)

3,6

16

Zucchero

3,6

17

Altre carni (coniglio, carne equina)

3,4

18

Pollame

3,2

18

Patate

3,2

19

Acque minerali

3

20

Riso

2,9

Fonte: Unione Nazionale Consumatori su dati Istat

 

 

 

 

 

 

NUTRISCORE, COMPETERE: BOLLINO NERO AL VINO È INSULTO A SETTORE VITIVINI-COLO E ALLA SCIENZA

La proposta dell’ideatore del Nutriscore di indicare con un bollino nero tutte le bevande alcoliche, compreso il vino, è un insulto alla scienza e al nostro settore vitivinicolo.

Le forze che compongono il patrimonio vitivinicolo italiano, che negli anni hanno saputo conquistarsi un posto di primo piano nel panorama internazionale sia in termini numerici - oltre 7,1 miliardi di euro il valore delle esportazioni - che di qualità e salubrità grazie al loro ineguagliabile saper fare, non possono ora vedersi insultate da un algoritmo arbitrario e fuorviante. Decenni di storia, cultura, tradizione, impegno e lavoro riconosciuti dai massimi organi internazionali vengono appiattiti da una bocciatura indiscriminata delle bevande alcoliche, un orientamento anti alcol che preoccupa e che si propone anche in altre azioni come il Beating Cancer Plan, senza distinguere tra uso e consumo e tra quantitativi di alcol presenti” - afferma Pietro Paganini, Fondatore e Presidente di Competere - Policies for Sustainable Development, think tank europeo che attraverso la propria piattaforma sulla Sustainable Nutrition analizza le dinamiche politico-commerciali nell’alimentazione globale.

“La scienza negli anni ha messo in evidenza l’importanza del vino all’interno di un regime alimentare equilibrato, tanto da essere incluso nel regime nutrizionale considerato - scientificamente - tra i più sani al mondo, la Dieta Mediterranea. Questa proposta svela ancora una volta il carattere estremamente semplicistico e antiscientifico dell’approccio Nutriscore ed è la palese testimonianza di come esso sia uno strumento del tutto inadeguato a cogliere l’importanza della nutrizione per la nostra salute e sostanzialmente non idoneo ad essere il sistema di etichettatura unico in Europa.

Da sempre Competere ha messo in evidenza le carenze di un sistema di etichettatura arbitrario e fuorviante come il Nutriscore che, oltre ad essere contrario alla consolidata letteratura scientifica, mette a rischio la libertà del consumatore, in quanto non promuove un approccio educativo ma anzi approfitta della sua fiducia per guidarlo verso scelte basate su parametri incomprensibili e non trasparenti.

Con il nostro lavoro, basato sul rigoroso rispetto del metodo scientifico, l’opinione della comunità scientifica europea e l'interesse dei consumatori, ribadiamo la necessità di unire Istituzioni, forze produttive e attività commerciali nell’opposizione trasversale a un sistema che calpesta l’interesse non solo di un patrimonio sociale ed economico inestimabile come il settore vitivinicolo e l’intero Made in Italy agroalimentare, ma anche di tutti i cittadini” - conclude Pietro Paganini. 

Nuove tariffe per operatori filiera agroalimentare

Il decreto legislativo n. 32 del 02.02.2021 ha fissato nuove disposizioni per il calcolo delle tariffe da corrispondere alle autorità competenti per le specifiche attività svolte dagli operatori del settore coinvolti nella filiera agroalimentare. In particolare le tariffe si applicano a macellazione, tratamento termico latte , prodotti pesca freca, mercati ittici all'ingrosso, impianti colletive per aste.  Sono invece soggetti alle tariffe forfettarie tutti gli operatori del settore agroalimentare che commercializzano all'ingrosso e ad altri operatori o stabilimenti . Le tariffe sono divise in tre livelli , basso, medio e alto.  Sono esclusi dal pagamento delle tariffe annue i broker e gli intermediari di commercio con sede diversa da uno stabilimento fisico.  Sono çomunque assoggettati alle tariffe forfettarie annue le piattaforme di distribuzione alimenti della grande distribuzione organizzata, i depositi conto terzi di alimenti, i depositi per attività di commercio all'ingrosso di alimenti e bevande, oltre che i cash and carry.

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